Archivio mensile:dicembre 2020

Per un 2021 senza mansplaining

“Il racconto di un’ancella” di Margaret Atwood è un libro geniale da cui è stata tratta una serie meravigliosa.
A Gilead, l’America distopica in cui è ambientato il romanzo, le donne non hanno più il diritto di parola. Nel senso letterale, perchè le ancelle (a cui sono affidati i compiti riproduttivi per conto di una élite diventata sterile) possono parlare solo se interrogate. Vengono spesso imbavagliate per sottolineare il fatto che sono appunto state private della parola.

Orbene, quello della Atwood è un racconto distopico, ma in realtà le donne sono ancora spessissimo invitate a tacere. Il mansplaining del titolo si riferisce infatti a un fenomeno indicato con questo nome solo nel 2008 da un’americana, ma in realtà antico come l’uomo.

Il neologismo mansplaining significa qualcosa del tipo: “Spiegazioni degli uomini” e la la tipa che ha inventato la nuova parola si chiama Rebecca Solnit. La storia è questa. Rebecca, nel 2003, va a una festa a Los Angeles organizzata da un famoso pubblicitario.
Quando glielo presentano, lui le dice: “Ho saputo che hai scritto un paio di libri”.
Lei che ne aveva scritti sei, gli risponde: “Ne ho scritti parecchi, in realtà”.
Il pubblicitario allora le chiede di cosa parlano e Rebecca cita il titolo del suo ultimo libro sul fotografo Eadweard Muybridge. Poi comincia a parlargliene, ma a quel punto lui si ricorda che è effettivamente appena uscito un libro Muybridge e le chiede se lo conosce.

Rebecca si blocca per un attimo, perchè si domanda istintivamente se per caso non ci sia qualcun altro che ha scritto un libro sullo stesso argomento.
Lui allora approfitta della sua interruzione per cominciare a spiegarle pomposamente di cosa parla il libro su Muybridge, mentre un’amica di Rebecca che assiste alla conversazione capisce subito che in realtà sta parlando del libro scritto dalla Solnit.
La ragazza prova per ben tre volte a interrompere il pubblicitario, dicendogli: “L’ha scritto lei!”, ma lui va avanti col suo discorso. Fino a quando finalmente realizza di aver di fronte l’autrice del libro e tace, impallidendo dalla vergogna.

Da qui il termine mansplaining, varato nel 2008, quando la Solnit scrive un articolo per il Los Angeles Times – Men who explain things – in cui spiega che il pubblicitario aveva tra l’altro solo letto una recensione del suo libro sul New York Times Book Review, ma quando lui l’aveva interrotta: “Lei si era sentita invitata ad ascoltare in silenzio le sue spiegazioni”.

Secondo la Solnit, c’è un costante invito di sottofondo perchè le donne stiano in silenzio ad ascoltare gli uomini che spiegano qualcosa di cui magari sanno dieci volte di meno della loro interlocutrice. Sempre secondo la Solnit, la parola delle donne vale meno di quella degli uomini, e alle donne si crede di meno, anche quando subiscono abusi dai loro mariti e compagni (che poi magari le ammazzano…).

Ma io credo che l’invito al silenzio delle donne sia presente DA SEMPRE nelle due principali religioni (cristiana e mussulmana) e sia arrivato quasi intatto fino ai giorni nostri, perchè le donne SANNO benissimo che sono ancora gli uomini che si aspettano di parlare PRIMA di loro se le faccende discusse sono SERIE, mentre invece ai famosi vecchi pettegolezzi viene data via libera (nessun pettegolo, uomo o donna che sia, prende grandi decisioni).

Quando si parla di roba seria, si dà ancora per scontato che le donne debbano manifestare quelle qualità decantate nei romanzi dell’Ottocento: un ascolto deferente verso gli uomini, senza mai interromperli, anche se hanno di fronte qualcuno che ne sa meno di loro.

Una donna che interrompe un uomo che spiega viene percepita come inopportuna e maleducata, mentre invece gli uomini sono abituati a interrompersi e litigare tra loro (su questioni lavorative, per esempio) senza che nessuno li consideri imbarazzanti e indiscreti per il semplice fatto di contraddirsi a vicenda.

Certo, oggi ci sono un sacco di donne che hanno raggiunto posizioni rilevanti anche nelle professioni della cosiddetta area STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), ma sono sicura che hanno avuto tutte la grazia di infilarsi sinuose e gentili nelle organizzazioni in cui hanno fatto carriera.
Una donna che dimostrasse la stessa aggressività di un maschio sul posto di lavoro verrebbe probabilmente fermata SUBITO: non riuscirebbe neanche a fare il primo degli scalini della sua crescita professionale.
Le donne devono usare moltissimo il cervello per riuscire ad affermarsi, mantenendo sempre i caratteri esteriori della femminilità: sorridenti, accoglienti, senza mai sfidare apertamente i loro interlocutori maschili.

Ma le donne sono stufe di dover usare tutte queste accortezze per non allarmare gli uomini che da loro si aspettano prima di tutto l’ascolto incondizionato. Anzi, le donne sono stufe sia del mansplaining, ma anche del mantalking: gli uomini che parlano troppo. Da uno studio effettuato nel 2004 all’università di Harvard, è risultato che i ragazzi che seguivano i corsi intervenivano il 50% in più delle loro compagne, e avevano il 150% delle probabilità in più di intervenire tre o più volte delle ragazze.

Insomma, le donne non sono ancora così convinte che le loro PAROLE valgano tanto quelle degli uomini.
Ma io vorrei tranquillizzare le mie consorelle: interrompete le “Spiegazioni degli uomini” tutte le volte che potete. Probabilmente non è neanche la prima volta che vi stanno spiegando qualcosa, perchè chi parla troppo, finisce pure per ripetersi.
Parlate voi, invece, che avete di sicuro qualcosa da dire, sulla quale avete sicuramente riflettuto a lungo!

Buon 2021!

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Lettera a Stefanella, la mia odiatrice personale

Non capita a tutti di avere un hater – odiatore, anzi odiatrice nel mio caso – personale, visto che la mia è una donna.
“Triste privilegio, mi creda” avrebbe detto Flaiano, ma c’è una stronza che mi sta inseguendo su Amazon con un profilo falso e un bruttissimo nome di fantasia – Stefanella – e sta mettendo UNA stella a tutti i libri che ho appena pubblicato.

La mia odiatrice correda le sue MONOSTELLE con una serie di insulti ad personam (insinua persino che io non sia sana di mente) e invoca addirittura la possibilità di mettermi MENO DI UNA STELLA.
Scrive infatti: “Meno di una stella non si può, ma questo scritto è davvero pessimo”.

Nella sua ultima recensione titolata: “Pessimo libro” che si apre con il contrito dispiacere per non poter emettere giudizi ulteriormente negativi, scrive anche: “Questo terzo volume supera ogni limite al ribasso”. Frase il cui contenuto è forse un po’ oscuro (sembra quasi un termine borsistico), anche se non è difficile capire cosa la cara Stefanella voglia dire: “Peggio di così, non si può!”.

Ma anche se quello che scrivo è MERDA, la nostra Stefanella (che deve avere l’abbonamento a Kindle Unlimited) non si stanca di leggerla. Le sue MONOSTELLE infatti impazzano, anzi, tutte le volte dice qualcosa del tipo: “Basta, non voglio più leggere questa robaccia!”, ma poi compra anche il libro seguente e scrive: “L’ho letto solo per vedere com’era la serie nel suo complesso” e quindi conferma i suoi giudizi precedenti: “Libri bruttini e piuttosto stupidi”.

In realtà, perchè qualcuno non pensi che sia un hater, Stefanella aveva dato al primo libro della serie ben TRE stelle (bacio la mano), ma solo per non dare adito a sospetti: il suo giudizio è imparziale, prova ne sia che all’inizio mi aveva lasciato un piccolo spiraglio di speranza (“il primo libro era leggibile”, sempre secondo le sue parole), che poi però ha subito chiuso, con spirito magnanimo e imparziale: “Certamente, ho capito la tipologia di questa serie: pessima. Non credo che leggerò il quarto episodio”. E qui si chiude l’avventura del Signor Bonaventura.

BOCCIATA, SONO STATA BOCCIATA E PER SEMPRE! Senza nessuna possibilità di riprendermi, senza esami a settembre, senza nessuna chance anche postuma di redenzione.

Ecco, vorrei spiegare a Stefanella – che di sicuro mi segue sui social e legge tutto quello che scrivo- che la mia serie è basata sull’opera di un antropologo francese (René Girard) che ha studiato per tutta la vita il comportamento delle folle (“mob”, in inglese, da qui la parola mobbing, che vuol dire perseguitare).
Le folle hanno infatti la tendenza a perseguitare insieme un capro espiatorio che ha la funzione di compattarle (TUTTI perseguitano UNO SOLO) ma anche di consentire l’espressione dell’aggressività da parte dei singoli componenti della folla.

Il fatto di essere tutti insieme rende in un certo senso ANONIME le persecuzioni, perchè in realtà nessuno vuole fare vedere che la mano che lancia il sasso è la SUA.
E quello che adesso succede sui social (non su tutti, ma su molti) è che si può ODIARE senza svelare la propria identità. Si può quindi perseguitare qualcuno in forma anonima e VIGLIACCA, esattamente come succede quando una folla lapida un capro espiatorio. Le mani che lanciano le pietre sono sempre mani anonime, perchè nessuno avrebbe il coraggio di prendere da solo a sassate qualcuno, guardandolo pure negli occhi.

Manca solo un ultimo passaggio: come viene scelto un capro espiatorio? Beh, la prima condizione è che nessuno si alzi a difenderlo. Il capro espiatorio deve essere isolato, possibilmente da solo, ma soprattutto deve essere DIVERSO DAGLI ALTRI. Deve distinguersi dagli altri, perchè se è uguale al branco, non sarà facile stimolare l’aggressività nei suoi confronti.

Ecco quindi che sono diventati capri espiatori (attaccati da tutti) persone come Roberto Saviano e Selvaggia Lucarelli, che secondo me dicono delle cose di buon senso, ma quasi sempre in controtendenza.

Anche io, nel mio PICCOLISSIMO, sono percettibilmente diversa dal mainstream, se non altro per una certa sincerità che mi contraddistingue e perchè scrivo libretti strani che appartengono al genere dello Humour nero, che non è detto che piaccia a tutti, ma ha il suo piccolo seguito.

E qui ritorno alla mia odiatrice personale che ha trovato qualcuno contro cui lanciare la pietra (in forma anonima, naturalmente) e togliersi quella bella soddisfazione di poter scrivere che qualcuno è una MERDA senza dover dire che lo ha scritto lei (con nome e cognome).

Son soddisfazioni anche queste, MINUSCOLE, certo, non per niente l’hater di Crozza (Napalm 51) era uno sfigato che stava a casa con la mamma mentre postava le sue cazzate.

Ma in fondo, cara la mia Stefanella, devo in un certo senso ringraziarti, perchè se ho un hater, allora vuol dire che sto cominciando a farmi notare: se fossi una sfigata qualunque, come te, mi avresti sicuramente lasciato in pace.

MOLTI NEMICI, MOLTO ONORE. Lo diceva Mao Tse Tung che era un criminale, ma un criminale di successo.
Aveva vinto una guerra civile e di nemici se ne intendeva.
Se non hai nemici, non sei nessuno. E gli hater non sono nessuno.





 

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