Archivio mensile:giugno 2013

La mutanda zarra da pre-adolescente

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Eccola!

Oggi sono andata con Tommaso al mercato a caccia di mutande. La prossima settimana deve partire per la colonia estiva equipaggiato del solito corredo di biancheria marchiata con nome cognome.

Fino poco tempo fa, le mutande gliele compravo io. Quelle bianche, sgambate,  nei pacchi da tre dell’Oviesse.
5 euro per 3 mutandine da bambino.

Una volta ero riuscita a trovare sulla bancheralla di un mercato un pacchetto – scontato, naturalmente – di mutande bianche che avevano una specie di Batmanino colorato in un angolo.

A Tommaso erano piaciute moltissimo, e aveva espresso una sincera gratitudine nei miei confronti.

Poi, un bel giorno, più di un anno fa, sono stata avvisata: “Indosso solo boxer! Non provare a portarmi a casa mai più le mutande dell’Oviesse!”.

Il pupone aveva solo dieci anni, ma si era espresso molto chiaramente.

Ero quindi tornata all’Oviesse – da lì non mi muovo – alla ricerca di boxer scontati. Ne avevo comprati un paio blu.

Accettati, ma con riserva.

Qualche giorno dopo, insieme a mia sorella, Tommaso si era spinto fino a H&M, dove aveva trovato dei boxer decorati col faccione di Homer: quelli sì, erano stati promossi.

Ma adesso non gli vanno più bene, e io sono una mamma economica.

Questa mattina, così, l’ho trascinato al mercato.

Gli ho proposto l’acquisto di un paio di boxer semplici, a righine blu, ma lui ha nicchiato.

Poi ha visto quell’ORRORE  che vedete in fotografia e ha detto: “Quelli sono BELLISSIMI!”.

Visto il prezzo interessante – 2 euro – gli ho subito detto: “Certo, sì, sono MERAVIGLIOSI. Compriamoli!”.

Proprio in quell’istante, si è avvicinata al banco un’altra mamma che conoscevo di vista (incontrata ai giardini, probabilmente), anche lei a caccia di mutande con un figlio maschio pre-adolescente al seguito.

Il ragazzino ha dato uno sguardo veloce ai boxer militari di Tommaso e ha detto: “Mamma, sono BELLISSIMI!”.

Lei gli ha risposto: “Ma sono ORRENDI!”.

Lui ha insistito: “Mamma, non vedi come sono BELLI!”.

Ha ceduto subito anche lei. Non so quante paia ne abbia presi.

Il figlio che volevo

Nell’Occidente in declino, ma ancora pieno di speranzose ambizioni, ho cercato di fare tutto quello che potevo perché mio figlio avesse la migliore delle educazioni.

Anche musicale, anche sportiva: un bambino sano, che faceva tanti begli sport, suonava almeno UNO strumento, e non mangiava schifezze.

Da cosa vogliamo cominciare?

L’educazione musicale?

Tommaso ha cominciato a 5 anni il corso di pianoforte con il metodo Yamaha.

Un metodo rivoluzionario, adatto ai bambini di tutte le età, che avrebbe formato il suo gusto, forgiato il suo orecchio musicale, fatto di lui un giovane e talentuoso pianista in erba.

Bene, ho dovuto ritirarlo dal corso dopo meno di dieci lezioni perché non voleva stare fermo a cantare le canzoncine insieme alla maestra (le dovevamo cantare anche noi a casa).

Ho aspettato allora un paio d’anni e ci ho riprovato: sempre metodo Yamaha, ma questa volta chitarra.

Due lezioni.

Sono passata al violino.
Corso per Orchestra.

Abbiamo comprato il violino.
Tommaso ha resistito per un anno, e un paio di volte ha tirato fuori il violino anche a casa per fare gli esercizi.
Il maestro si era raccomandato: si deve esercitare tutte le settimane! Almeno un paio di volte!
Ma sono bastati quei due strimpellamenti che ha fatto a casa per convincermi a non insistere più.

Con la musica abbiamo chiuso.

Adesso possiamo passare agli sport.

Tommaso in ordine ha frequentato corsi di:

  1. calcio
  2. pallavolo
  3. pallacanestro
  4. nuoto
  5. sub
  6. tennis
  7. kung fu
  8. arti marziali
  9. pattinaggio (su ghiaccio)
  10. sci
  11. canottaggio

Tutti i corsi sono stati abbandonati per mancanza di una vera passione.

Sì, Tommaso sa nuotare, sciare, giochicchiare a calcio, tennis, eccetera, ma non c’è nulla che lo abbia veramente conquistato.
Siamo ancora alla ricerca della pietra filosofale sportiva che trasformerà il giovane pre-adoloscente in uno scattante atleta.
Non si può neanche escludere che non venga inventato un nuovo sport che finalmente lo appassionerà!
Che ne so: la pesca a cavallo subacquea, mentre una lepre nuota davanti agli altri cacciatori guidandoli alla ricerca della preda, forse un tonno che deve essere arpionato.
Non lasciamo limiti alla Provvidenza.

Passiamo adesso al tema delle sane attitudini alimentari.

In casa nostra non sono mai entrate le famose merendine.
La parola Mulino Bianco scatenava nella madre del giovane pargolo delle crisi furibonde: “No, non te li compro i Flauti al cioccolato!”.

Risultato: il pargolo si comprava di nascosto, come un tossico, una montagna schifezze all’oratorio, tra cui un’untissima focaccia ripiena di Nutella.

Adesso Tommaso mangia solo porcherie, è leggermente sovrappeso, e gira sempre con degli spiccioli nascosti in tasca per comprarsi le Pringles o quegli altri intrugli avvelenati che a me fanno venire la pella d’oca.

OTTIMO LAVORO!
Mi complimento con me stessa.

Provaci ancora, Mam.

L’Autore all’americana

Gli americani – scusate le grossolane semplificazioni semi-antropologiche – hanno grande rispetto per i loro clienti, e il Customer Service è uno dei pilastri fondamentali del loro modo di fare business.

Se possono, non ti fottono mai, anzi ti SERVONO.

E quando il cliente è l’Autore (con la A maiuscola), ti trattano come un re, anche se sei l’ultimo degli sfigati che pubblica le memorie di una zia morta zitella dopo aver confidato i segreti di famiglia alla nipote, io narrante della schifezza in questione.

In Italia, si può anche vincere un Campiello con un libro del genere – se hai un amico che te lo pubblica – ma negli Stati Uniti è più probabile che tu vada direttamente a far parte della schiera degli autopubblicati.

Negli States, però, gli autopubblicati sono trattati con i guanti bianchi, perché sono ESSI STESSI un business, sul quale non si sputa sopra.

Anzi, vengono loro offerti tutti i servizi possibili perchè l’Autore – sempre A maiuscola – rimanga con te.

Questo, in termini di marketing, si chiama Customer Retemption, e cioè cerchi di tenerti il cliente, invece di fotterlo una volta e non vederlo mai più.

Guardate un po’ qui cosa mi sono fatta sull’Amazon americano (tra un po’ arriverà sicuramente anche da noi).

Rob de màtt…

http://www.amazon.com/Viola-Veloce/e/B00DN5Q3G4/ref=ntt_athr_dp_pel_pop_1

Ci sto lavorando (sulla disintermediazione)

Diventerò ceca, mi tornerà il tunnel carpale, mi si bloccheranno del tutto le spalle, non mi potrò più chinare per raccogliere un fazzoletto, mio figlio soffrirà di una forma di autismo procurato da una madre sempre al PC, ma presto avrò risolto il rebus della disintermediazione TOTALE.

Sto aspettando proprio adesso che Amazon mi crei un linkino che porterà alla mia pagina di Autore (parlo di Amazon.com, ma il servizio arriverà anche da noi) dove vengono aggregati i Feed RSS del blog, i Twett, i video, le foto, la biografia, i libri pubblicati, eccetera. Nella sua pagina, l’Autore (gli americani lo scrivono maiuscolo) può discutere anche con i Lettori (un blog gratis, nella sostanza).

Ho anche passato un’oretta su Create Space per creare il mio libro cartaceo, che verrà venduto a circa 5 euro su Amazon (su richiesta: printing on demand). Con la stampa su richiesta, non ci sarà quindi più l’annoso problema dei resi, e 5 euro non sono poi questa gran cifra (sì, ci saranno i costi di spedizione, ma adesso c’è Amazon Prime).

Orsù, non sono un’idiota, e so che Jeff Bezos non è un benefattore, ma sta diventando un monopolista del web.

Lo ammetto quindi pubblicamente: il Signor Bezos è un “capitalista”, anche se a differenza dei nostri capitalisti nostrani non fa le orge con le nipoti di Mubarak, ma vive con la moglie e quattro figli nella solita villetta col giardino delle ricche periferie americane.

Quello che voglio dire è che la stampa e l’editoria cartacea/tradizionale hanno le ore contate. In particolare quella nostrana, dove ti fanno pagare 17 euro per un libro autopubblicato e dove le case editrici stampano 50.000 titoli l’anno, di cui almeno 45.000 destinati quasi integralmente al macero.

Presto, molto presto, i giornali diventeranno tutti social, cioè fatti dai lettori, così come lo diventerà anche l’editoria, disintermediata dagli stessi autori, che non vorranno più prendere il 7% sui diritti d’autore, ma il 70% (qualcosa di meno) che gli dà il Signor Bezos.

Saranno probabilmente social anche molte serie televisive che diventeranno web series, mentre invece tutto quello che costa UN BOTTO (vedi i film), non potrà che seguire la filiera tradizionale.

A questo punto qualcuno dirà: “Ehi, ma come diventeranno brutti i giornali fatti dai cretini che scrivono non c’è n’è”.

Vero, hanno ragione.

Ma la statistica insegna che per 1000 cretini che fanno errori banali, c’è un qualcuno che scrive più che decentemente.

Costui potrà pubblicare e dire quello che gli pare, senza NESSUNA INTERMEDIAZIONE.

Non ci sarà un redattore capo che gli commissiona l’articolo (o la marchetta) e gliela corregge.

Ci sarà solo un servizio web come WordPress che gli permetterà di dire e scrivere TUTTO quello che vuole.

Come poi riusciremo a trovare i geni che scrivono BELLE cose in mezzo ai milioni di cretini che fanno RUMORE è un altro tema.

Molto complesso, sul quale sono veramente senza parole.

Che gentile l’Esmeralda!

Una gentile signora tecnologica mi ha infilato nel suo blog. Si chiama Esmeralda.

E io la infilo nel mio.

Un Tuffo nei libri.

Siamo SOLO spiati

Difficile farsi una corretta opinione degli americani.

Anche un liberal come Kerry sta dando la caccia alla talpa della Cia che ha detto quello che sapevamo già.

Tutto quello che scriviamo sul web è assolutamente tracciabile. Anche quello che ci diciamo al telefono.

L’uomo tecnologico non può avere segreti. Google sa tutto di me, immaginarsi quello che può sapere la Nasa di un cittadino americano, e persino cinese.

Però, però, una volta accettata l’inevitabile verità – siamo più TRASPARENTI del vetro – ci sono ancore ottime ragione per sentirsi liberi sul web.

Sì, è vero che ti spiano, però non ti arrestano se fai delle battute online sul Berlusca e le Olgettine, anche perché perseguitare – denunciare – chi fa battute su Twitter o sui social network vorrebbe dire organizzare persecuzioni di MASSA.

Solo i regimi totalitari e ricchi si possono permettere di bloccare/controllare il web – parlo del solito Great Firewall cinese –  mentre gli altri il web lo spiano.

Insomma, noi siamo SOLO spiati. I cinesi, invece, per il web vanno ancora in galera.

Detto questo,bisogna ammettere che gli americani sono i più grandi inventori del web-fai-da-te, da WordPress a Amazon, e senza il loro codice – che è poesia, come scrive Matt –  noi non saremmo così liberi di mettere online – senza far troppa fatica – i nostri pensierini sui blog e i nostri libretti su Amazon.

New York è ancora MOLTO meglio di Pechino.

Ma gli americani, con le loro “talpe”, non sono molto più carini dei cinesi.

Sosteniamo il dissenso

Sappiamo tutti che la critica letteraria (e non solo) in Italia è profondamente e intrinsecamente marchettara.

Non è obbligatorio essere dei marchettari, sia chiaro.

Negli Stati Uniti, per esempio, i critici fanno paura. Stroncano uno spettacolo, un libro, un film, adesso anche i ristoranti, e tutti li temono.

In italia, invece, vi sfido a ricordarvi l’ultima volta che avete letto una stroncatura di qualcosa.

IMPOSSIBILE.

Nessuno stronca nessuno. Le case editrici hanno gli uffici stampa che trattano bene i critici, i quali a loro volta trattano bene i loro libri.

E sto parlando della carta. Editoria cartacea e stampa cartacea.

Ma siccome anche le case editrici hanno capito che c’è il web, hanno cominciato ad assoldare recensori 2.0 che vanno in giro a dare 5 stelle su Amazon o gran bei voti su IBS ai libri/ebook pubblicati da loro.

Il dissenso ormai è affidato ai lettori, che spesso scrivono meglio degli scrittori, e affidano al web le loro critiche.

Ho una passione perversa per quelli che danno UNA stella su Amazon, e in genere li vado a leggere.

Sono spesso molto divertenti, e io clicco su “Sì”, quando Amazon mi chiede: “Questa recensione ti è stata utile?”.

Fatelo anche voi. Sono tutte molto divertenti.

Ve ne copio qualcuna, senza fare nomi e cognomi.

Esilaranti.

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La trama è di una banalità imbarazzante. Il protagonista è talmente antipatico da spingermi a tifare per tutti i personaggi a parte lui. Grande prosa: “La diretta consentì a tutta l’America di seguire l’udienza in diretta”. Sono sinceramente senza parole per i giudizi positivi, ma non siamo tutti uguali. Fortunatamente.

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Abbiamo due personaggi: uno giovane, uno anziano, amici. Per buona parte del libro si ritorna su questo fatto, sono amici, sì lo abbiamo capito, sono amici.
Il vecchio ha avuto una relazione con una ragazza, una relazione inappropriata, l’amava, sì l’amava e per buona parte del libro si ritorna su questo fatto, l’amava, sì lo abbiamo capito, l’amava.
I personaggi di contorno sono tratteggiati grossolanamente e, chissà perché, hanno sempre caratteristiche di sgradevolezza. Un esempio: “Perché non mi dici tutto? Io ti dico tutto. Tra l’altro, ho avuto mal di stomaco tutto il pomeriggio, Ero pieno d’aria, ho dovuto perfino chiudermi in ufficio e mettermi a quattro zampe per scoreggiare, tanto mi faceva male. Vedi che io ti racconto tutto?”.
E la svenevolezza delle descrizioni: “Si mise a ballare: ballò nel corridoio, ballò fino al salotto, ballò sulla terrazza. Ballava ebbra di felicità, era al settimo cielo”, e ancora: “Ogni volta che lei si avvicinava, un dolce brivido attraversava il corpo di Harry”.
Allora io mi chiedo, è un problema del traduttore o in realtà l’autore scrive meglio di così: un dolce brivido!!!!??

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Prendere una parte della serie tv medium , una parte di criminal minds, e mischiare, aggiungendo il massimo di inverosimiglianza possibile: questo è il libro. Inverosimile e assurdo!

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Un minor approfondimento dei particolari cruenti sarebbe ben accetto e allontanerebbe l’idea che il vero psicopatico sia lo scrittore… Anche il ritmo non è fluente, consiglio di studiarsi Preston&Child per imparare a trasmettere la vera suspense e non disgusto per la violenza gratuita passata minuziosamente al microscopio. Di sicuro non leggerò il seguito, ma il mondo è bello perché vario.

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La scrittura è sciatta e banale, addirittura con sciocchi errori grammaticali che neanche uno studente di seconda media: “… di questa ragazza me ne innamorai”, “… sebbene di ciò non ne abbia le prove…”.
C’è poi un abuso di termini come “costei” e “il sottoscritto” che ricordano l’eloquio del ragazzo di campagna che vuol fare il raffinato.
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Basta con queste scopiazzature, basta con gli allungamenti del brodo: qualità non è quantità. Fatevi venire delle buone idee vostre ma, innanzitutto, imparate l’uso corretto della lingua italiana. Non è un dettaglio.

VOTATE ANCHE VOI SI’ A : “TI E’ STATA UTILE QUESTA RECENSIONE?”.

I martiri laici del web

Il linciaggio del martire – innocente – è al centro dei pensieri di Renè Girard, il più grande e geniale antropologo vivente.
La sua tesi è che il cristianesimo sia stato il viatico alla modernità.

Cristo – perché Girard è cattolico – è il primo martire di cui viene riconosciuta l’innocenza.
La “vittima” non è più colpevole, ma diventa SANTA, mentre la folla che partecipa al linciaggio, sfoga sul CAPRIO ESPIATORIO una rabbia intraspecifica priva di qualsiasi dignità.

Si può essere girardiani senza essere cattolici, e si può essere dei martiri senza diventare santi.

Forse sto un po’ esagerando, ma Edward Snowden che sta scappando per non marcire in galera come Bradley Manning, è probabilmente un martire laico.

Quando Snowden ha parlato al Guardian, mi sono chiesta – come molti italiani – se non ci fosse qualche bizzarro complotto dietro le sue dichiarazioni.

Noi siamo i teorici della dietrologia: chi grida per difendere la nostra libertà , forse è pagato da qualcuno che trama contro di noi.

Ma direi che ormai non ci sono dubbi: Snowden è un martire sincero, con qualche clamorosa escrescenza egoica, come lo stesso Assange, che gli dà la forza per resistere alle persecuzioni.

Il martirio si basa infatti su un bizzarro paradosso: la disponibilità a rinunciare a tutto – compreso te stesso – per difendere opinioni in genere poco diffuse, e un IO gigantesco in grado di reggere simili proponimenti, un IO che per esistere deve per l’appunto basarsi su un solido costrutto egocentrico.

Se ci pensate bene, questi strani personaggi – da Assange a Snowden – sembrano incomprensibili e poco simpatici.

Sono delle vittime, e le vittime, nonostante Girard, hanno sempre qualcosa di genericamente poco simpatico.

Ma senza di loro, senza quelli che hanno la stoffa degli eroi – del web e della libertà – saremmo tutti nei gulag per famiglie della Corea del Nord. Perché i coreani del Nord mettono nel gulag tutta la famiglia del dissidente, mica solo lui.

E in Cina ti fai ancora qualche anno di laogai (gulag in cinese) se provi anche solo a nominare il Tibet. Nel Qinghai hanno appena dato a sei anni a un cantante tibetano che in un disco aveva inneggiato all’indipendenza del Tibet.

Senza martiri, saremmo tutti al buio. Quello delle galere.

Le nonne che stalkano i nipoti su Skype

Pensavo che fosse solo mia madre a stalkare Tommaso su Skype. Ma a quanto pare non è l’unica.

Mia madre, anni 82, lucidissima, severissima, con il Parkinson in un stadio abbastanza avanzato, si è fatta regalare da mio fratello un Galaxy.

Voleva vedere i nipoti su Skype. Le piaceva l’idea di fare ciao con la manina e urlare: “Tommaso, fatti vedere! Voglio vederti meglio!”.

Io e mia sorella le avevamo fatto vedere l’iPad e c’eravamo collegate su Skype. Figata! A mia madre era sembrato una figata!

Mio fratello, che abita nella sua stessa città, ha cercato di resistere per un po’.

L’idea di attaccarsi al telefono e farle l’abbonamento ADSL, comprare il modem, il Galaxy, eccetera, gli sembrava una grossa rottura di palle.

Poi non ce l’ha più fatta: sono arrivati il Galaxy + l’ADSL.

E stalking a gogò.

La scena era la seguente: mio fratello, insieme a mia madre, chiamava Tommaso su Skype.

Lui magari ce l’aveva spento o non sentiva la chiamata.

A questo punto arrivava una telefonata analogica: “Come mai non siete connessi a Skype?”.

Allora ci collegavamo e partiva la videofonata (una volta le chiamavano così…): “Ciao Tommaso, fatti vedere, eccetera”.

Per fortuna il gioco è bello, perché dura poco. Le videofonate su Skype si sono diradate e adesso possiamo tenerlo spento.

Ma qualche sera fa, ho scoperto che è un fenomeno in via di diffusione.

Le nonne che danno la caccia ai nipoti su Skype si stanno moltiplicando.

Li stanano ovunque essi siano e hanno la  rêverie di trovarli sempre connessi.

Per chiedergli se hanno mangiato e roba del genere.

Si incazzano se i nipoti non sono connessi. Si preoccupano.

Perché non rispondono?

Non sarà mica successo qualcosa?

Persecuzioni amorose 2.0.

L’arte dell’ospitalità

Lo so, scrivo delle cose cattive a parlo troppo spesso di me.

Mi salva il fatto che non parli mai bene di me, perché sarei solo patetica.

Però vorrei parlare bene delle mie amiche, di quelle che se lo meritano.

Le amiche ospitali. Quelle che se passi da loro ti fanno una pasta.

Quelle che se ti invitano a  cena, ti trattano bene, e apparecchiano una gran tavola, come fa sempre la Susi.

Quelle che sono generose di cuore, perché l’obbrobriosa espressione “arte dell’ospitalità” è in realtà una caratteristica dell’anima che hanno solo i generosi.

Per essere ospitali bisogna avere una buona considerazione dell’Altro, che non è solo un ospite da sfoggiare in una cena mondana, ma una persona che potrebbe avere bisogno di te. In un’occasione meno serena della cena mondana.

Ecco, io sono sicura che le amiche che mi invitano a cena e sopportano anche Tommaso che passa le serata sul divano a masturbare il cellulare mentre noi ci strafoghiamo di roba da mangiare, saranno quelle che mi daranno una mano se finissi nei guai.

Però vorrei rassicurare le suddette amiche (che non invito mai da cuoca malefica e pigra qual sono): anch’io ci sarò.

Quando sarà il momento. Se mai verrà il momento. FACCIAMO LE CORNA, naturalmente, ma ve lo giuro: non sono una merda, anche se mettere un litro di acqua a bollire per fare la pasta mi fa venire la pellagra.

Perché  poi scriva tutto questo su un blog, invece di dirglielo in faccia, è un mistero moderno. Un mistero 2.0.

Sono sobria, non ho bevuto, anzi sono praticamente astemia, ma stasera voglio dire a tutte le ragazze che conosco e sono gentili con me: GRAZIE!

Chi spingerà la sedia rotelle a chi, lo sapremo solo vivendo.