Archivio mensile:novembre 2020

Vaccini e passaporti sanitari per tutti

Qualche anno fa, insieme a un designer che si chiama Matteo Morelli, avevo cercato di brevettare un bracciale BIOMETRICO che oggi sarebbe PERFETTO per il coronavirus…
Ma andiamo con ordine.

E’ la notizia di oggi: una serie di compagnie aeree l’hanno appena dichiarato. Non si potrà più salire sui loro aerei senza aver fatto un test per il Covid o addirittura (nel caso della australiana Quantas) il VACCINO (che vi piaccia o no).

Inutile dire che nessuno potrà presentarsi in aeroporto con la COPIA CARTACEA del risultato del test fatto nel laboratorio X o della vaccinazione eseguita nel centro vaccinale Y.

Con i certificati di CARTA, le compagnie aeree si pulirebbero il se**re.
E infatti i laboratori che faranno test e vaccini dovranno caricare i risultati su una app (quella più quotata si chiama Common Pass) che produrrà un bel codice QR verde sul vostro cellulare, che dovrete mostrare prima di imbarcarvi.

E se qualcuno dicesse: “Uffa, che palle, non voglio fare il test e tantomeno il vaccino!” potrebbe non salire mai più su un aereo, e forse presto neanche su un treno o, perchè no, su un bel tramvai a Milano.

C’è poco da protestare, perchè se si dovesse scoprire che dopo la seconda ondata, arriva anche la terza e poi magari la quarta, nessuno vorrà più sedersi in aereo, ma anche su un treno, di fianco a qualcuno che non sia SANO o presunto tale. Ovvero negativo al test del Covid oppure vaccinato.E qua arriva il bracciale BIOMETRICO

Come si fa ad avere la certezza che il cellulare che certifica la SANITA‘ di qualcuno appartenga veramente a chi lo sta usando? Anche qui si stanno scovando soluzioni ingegnose basate sul riconoscimento facciale.

Ma in realtà non ci sarebbe niente di meglio di un bel bracciale che certifichi in modalità BIOMETRICA (basata su caratteristiche biologiche inequivocabili) l’identità di chi lo sta indossando. Inutile dire: “Uffa, non ci capisco niente!”, perchè manca veramente poco a quando andremo tutti in giro con un bracciale che certifica non solo la nostra sanità ma soprattutto la nostra identità.

Sarà il modo più SICURO per dire: “Sì, sono proprio io, Mario Rossi, ho fatto il vaccino per il Covid-19 (e magari per il Covid-2020…) e posso salire su quell’aereo”.

Non è fantascienza, proprio no. Roba dietro l’angolo, credetemi.
A questo punto il problema non sarà se vi volete vaccinare o meno (lo faranno tutti quelli che vorranno ancora viaggiare), ma quello di CONTROLLARE chi controlla i nostri DATI.
Troppo complicato? Per voi, forse sì. Per LORO, no…

Tutti a lavorare con l’influenza!

L’anno scorso, in dicembre, mi è venuta una mega-influenza proprio il giorno in cui erano cominciate le vacanze di Natale. Avevo una tosse cavernosa, un raffreddore terribile e uno strano senso di dolore e oppressione ai polmoni.

Non avevo la febbre e sono andata dal mio medico di base perchè volevo che mi auscultasse i polmoni. Lui mi aveva detto che i polmoni erano “liberi”, ma mi aveva lo stesso prescritto sei giorni di antibiotico.

Ero tornata a casa dopo essere passata dalla farmacia e la sera stessa mi era venuta anche un po’ di febbre. Siccome avevo fatto il vaccino antinfluenzale, mi ero detta che forse avevo solo preso freddo e tutto sarebbe passato nel giro di un paio di giorni.

La faccio breve: non solo l’influenza non era passata, ma dopo dieci giorni mi sentivo sempre peggio. Non ero MAI uscita di casa, perchè avevo l’impressione che se avessi preso freddo, mi sarebbe venuto qualcosa di TERRIBILE.

Avevo quindi pensato con soddisfazione: “Meno male che mi sono ammalata durante le vacanze di Natale!”, perchè in era pre-Covid sarebbe stato molto difficile ottenere un certificato di malattia di due settimane per un’influenza.
In era pre-Covid, ero infatti andata moltissime volte a lavorare con un po’ di febbricola, dei raffreddori tremendi e delle tossi che mi squassavano, ma i medici di base (sempre in era pre-Covid) erano molto attenti a concedere giorni di malattia, con il risultato che tutti andavamo a lavorare anche con l’influenza, a meno che non si presentassero nel loro studio con la febbre alta, un forte mal di gola, eccetera.
In questo caso, i giorni di malattia che mi dava il mio medico erano in genere tre, passati i quali, se non stavo ancora bene, potevo ottenerne altri due.
In era pre-Covid, i mezzi pubblici di Milano erano quindi pieni di gente che starnutiva e tossiva, ma questa era considerata una condizione “normale”. Milano non si ferma, Milano va sempre a lavorare.

Ed ecco che l’anno scorso, quando erano finite le vacanze che avevo passato a tossire, ero subita tornata a lavorare, anche se mi sentivo uno straccio. Ma dopo poche ore passate in ufficio, stavo così male che avevo chiamato un taxi per tornare a casa. Tossivo ancora, mi girava la testa, mi sentivo debolissima.

Ero tornata dal mio medico per dirgli che stavo male e lui mi aveva dato i soliti tre giorni. Mi aveva prescritto di nuovo degli antibiotici, perchè tossivo ancora e cominciavo ad essere un po’ preoccupata.
Dopo tre giorni, stavo ancora male ed ero tornata dal medico che mi aveva questa volta prescritto del cortisone e dato ancora due giorni di malattia.

Passato il weekend, mi ero di nuovo ripresentata dal medico per dirgli che stavo ancora male e avevo un senso di “oppressione ai polmoni” (ho trovato una mia email scritta in quei giorni), ma lui mi aveva guardato con un’aria perplessa. I polmoni erano a posto. Stavo fingendo? Ero una lavativa che non voleva andare a lavorare?

Per farla breve, avevo ottenuto altri due giorni, passati i quali ero tornata in ufficio. Ma mi sentivo così debole e spaesata che mi ero detta: “Cosa succederà se continuo a stare male? Come farò a continuare a lavorare?”.

Ecco, sono riuscita lo stesso ad andare in ufficio, e nel giro di un mese, ho cominciato a sentirmi meglio, proprio quando cominciava (ufficialmente) l’epidemia di Covid.

Bene, io non so se ho avuto il Covid. Non ho fatto il test sierologico, anche perchè conosco persone che l’hanno sicuramente avuto e sono risultate negative.
Ma il problema non è questo: il problema è che PRIMA del Covid ammalarsi di influenza era considerato un po’ da cialtroni. Chi era veramente EROICO andava a lavorare con la febbre, mentre invece chi restava a casa con un certificato di malattia rilasciato da un medico un po’ riottoso, poteva ricevere la visita di un medico dell’INPS per controllare che il lavoratore (e il suo medico di base) non stessero entrambi mentendo.

PRIMA del Covid era normale tossire e starnutire sulla metropolitana, tant’è vero che io avevo sempre il raffreddore, perchè prendevo la metropolitana e quindi mi beccavo i virus di tutti (e contagiavo tutti con i miei…).

Adesso, DOPO il Covid, è addirittura proibito recarsi nell’ambulatorio del medico di base se hai i sintomi del Covid, che assomigliano peraltro a quelli dell’influenza. Oggi, a nessuno passerebbe più per la testa di prendere un mezzo pubblico se ha un po’ di febbre e il raffreddore, anche se non è ancora cominciata l’influenza stagionale, e quindi il bello deve ancora venire.

Ma a pensarci bene, sembrano STRANI i tempi i cui andavamo tutti a lavorare anche quando tossivamo come dei DOBERMANN. Sono passati solo pochi mesi, ma adesso tossire in pubblico verrebbe punito con la fucilazione, quando invece fino allo scorso marzo era considerata una virtù dei FORTI andare a lavorare con l’influenza.

Inutile dire che le epidemie si sviluppano nei luoghi affollati, siano essi grandi città o allevamenti intensivi di animali.
Ci voleva il Covid per farci capire che quando hai un virus respiratorio, è meglio stare a casa fino a quando non ti senti meglio. E dopo devi usare la mascherina sui mezzi pubblici e nei luoghi affollati.

Metto in chiaro che non sono una negazionista, anzi, riconosco che il Covid ci farà riflettere su come non sia più possibile viaggiare ammassati sui treni dei pendolari o sulle metropolitane dei cittadini.
Bisognava darsi una calmata e ce la siamo data…



La professoressa EZIA BISUNTI

Nel mio libretto OMICIDI A SCUOLA mi sono inventata la professoressa EZIA BISUNTI che riassume in unico personaggio (che farà una brutta fine😜) tutte le insegnanti che ho DOVUTO incontrare lungo l’irto cammino di un figlio DISLESSICO nella scuola dell’obbligo e in quella superiore.

Il problema era proprio questo: appena mio figlio prendeva un paio di brutti voti in una materia, le insegnanti mi CONVOCAVANO per un incontro, in genere a orari come le 10.20, le 11.15 e consimilia, costringendomi a prendere MEZZA GIORNATA DI FERIE.

Andavo all’incontro e ascoltavo le loro rimostranze: l’alunno ha fatto male il compito di CHIMICA, l’alunno ha sbagliato gli esercizi di FISICA, l’alunno ha sbagliato il compito sui TEMPI DEI VERBI, eccetera. Come se il profitto scolastico di mio figlio dipendesse da ME e non dai suoi insegnanti…

Ma non voglio entrare in polemica, mi limiterò a elencare solo qualcuno dei motivi più BIZZARRI per i quali ho ricevuto una convocazione dalle varie EZIE BISUNTI incontrate durante la carriera scolastica di mio figlio.

1. “Il ragazzo non sa disegnare a mano libera“. Convocazione ricevuta in prima media da una BISUNTI che insegnava Storia dell’Arte. Sapevo di non essere la madre di Giotto, ma non avevo mai pensato di suicidarmi perchè mio figlio non avrebbe dipinto la Cappella degli Scrovegni.

2. “Il ragazzo va male in Matematica, ma è di buon’umore anche se prende brutti voti“. Convocazione ricevuta da una BISUNTI al liceo che si lamentava del fatto che mio figlio non tentasse il suicidio in suo onore.

3. “Il ragazzo ride durante una visita al museo“, ancora un’altra BISUNTI che li avrebbe fatti marciare in fila per due nei cortili di Palazzo Reale.

4. “Il ragazzo non ricorda le declinazioni irregolari latine“, ricevuta da una BISUNTI che non si voleva rassegnare al fatto che i dislessici non hanno memoria a breve, e quindi RAGIONANO, ma non RICORDANO.

5. “Il ragazzo si rifiuta di stare in primo banco“, dopo un tentativo di ribellione del poverino che aveva tentato di guadagnare l’ultimo banco e stare alla larga dalla BISUNTI di turno.

Ecco, io sono figlia di un’insegnante di Matematica, ma mia madre non era una BISUNTI. Mai convocato un genitore, era amatissima dai suoi alunni. Anch’io ho amato tantissimo la mia professoressa di Italiano del liceo. Andavo a trovarla, le portavo i fiori, le regalavo dei libri.

Le BISUNTI fanno male alla scuola. Ma sono sempre di più. Be’, mi fermo qui, dai, ho già detto troppo…

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