Archivio mensile:aprile 2013

In pensione dopo la morte

Sono un’impiegata già provata dal governo Monti, e non posso che tremare di paura di fronte al miscuglio destrorso-populista appena messo in piedi.

Di sicuro il Berlusca ci darà indietro qualche spicciolo, nei primi famosi cento giorni, poi faranno le solite cose.

Aumento della benzina, qualche ritocchino all’Irpef, un’altra zampata ai soldi delle regioni, un bell’assegno alla Sicilia  – grazie Alfano! –  e innalzamento dell’età pensionabile.

Adesso siano arrivati ai 69 anni, ma si prevede che con la prossima legislatura il lavoratore VIVO non possa più andare in pensione. La pensione verrà garantita solo ai malati terminali con certificato medico che garantisca la morte (prevista) entro le tre settimane dalla data del certificato.

L’eventuale sopravvivenza del lavoratore PENSIONATO verrebbe punita con il licenziamento del lavoratore in questione.

Moriremo tutti (di vecchiaia) davanti al PC, in ufficio, mentre stiamo inoltrando un’email.

E’ la sempiterna legge del Menga. Chi l’ha in culo, se lo tenga.

L’ultimo sarà un editore

Sono una buona lettrice, credo di avere un naso che sente i profumi più sottili, fatti di virgole messe al posto giusto.

Scribacchio con approssimazione della roba media, che non ho mai preteso di far passare per un capolavoro.

Detesto le scritture pesanti, grondanti aggettivi, avverbi, consecutive barocche e ingarbugliate.

Dovendo scrivere della merda, il consiglio che mi sentirei di poter dare è che sia per lo meno leggibile.

Trovo quindi bizzaro il fatto che oggi vengano pubblicate tonnellate di libri leziosi e leccati, EVIDENTEMENTE destinati al macero.
Sì, magari il critico che ti fa una marchetta lo trovi sempre, se sei un editore rinomato.
Ma non vendi 10.000 copie di roba indigesta e autoriferita, scritta da narcisi che hanno un amico che fa l’editor.

Lo dico senza invidia, chi se ne fotte. Mica faccio la scrittrice. Io lavoro.
Non camperò mai dei miei libretti, quello no, mai.

Però sono orgogliosa di poter dire che non scrivo merda leziosa, e non ho quella patetica passione per le descrizione degli ambienti che tanto affascinano gli scrittori che si ritengono tali.

Abiti bianchi decorati con merletti sottili e trasparenti come la luce, indossati da bambine che si chiamano Albertina oppure Orsolina,  e che passeggiano insieme alla zia nei corridoi freschi e ombrosi della vecchia casa avita.
La zia presto rivelerà all’Albertina ormai diventata adulta i tremendi segreti familiari: un incesto, molto probabilmente, commesso dal capofamiglia nobile e ricco, e tenuto nascosto a tutti, a cominciare dalla povera Albertina che di quell’incesto è il frutto meraviglioso e maledetto.  Ella morrà, infatti, per un tragico ma provvido incidente – probabilmente affogata – così da portarsi nella tomba la macchia scritta col sangue dei conti De Marinis.

Ecco, di questo genere di roba, scritta quasi sempre dalle donne, sono pieni gli scaffali.

Delle mie modeste, leggiadre e consapevoli porcate, invece,  sono pieni i Kindle.

Ma l’ultimo ad accorgersene sarà un editore.

Ci metto i c.

Video omicida

Girato al Fuori Salone di Milano, in Via Tortona. Dio bono, che bella giornata! Sembrava una festa all’aria aperta, Milano splendeva.

Accatatevelo gratis!

Sono l’autrice di una lunga serie di insuccessi letterari, che culmineranno con la mia ultima e inutile fatica: “Omicidi in pausa pranzo”.

Non so più neanch’io di cosa parla il libro, perché l’ho corretto e riletto troppe volte.  Per 5 giorni sarà gratis su Amazon. Pigliatevelo qui.

Comunque, se proprio qualcuno me lo dovesse chiedere,  “Omicidi in pausa pranzo” è nato dall’irresistibile impulso di strangolare la mia dirimpettaia di scrivania, che mi fissava per circa otto ore al giorno, senza lavorare o fare nient’altro che non fosse guardarmi.

L’ho fatta strangolare dall’assassino alla prima riga: non potevo aspettare una riga di più.

Poi, quando (nella realtà) l’hanno spostato d’ufficio, al suo posto è arrivato uno stronzo che non faceva un cazzo neanche lui, teneva sempre la veneziana tirata giù – vivevamo al buio, come una una famiglia di ratti –  e mi trattava malissimo.

Aveva fatto causa all’azienda per diventare dirigente e l’aveva persa. Per sua fortuna, come diceva sempre un collega, perché l’avrebbero licenziato un minuto dopo.

Ho fatto strangolare subito anche lui dall’assassino:  era l’unico modo perché IO potessi sopravvivere, al buio, con la veneziana tirata giù e la finestra oscurata.

E poi (sempre nella realtà), avevo un capo vigliacco che non tollerava la mia “proattività” e mi teneva chiusa delle ore nel suo ufficio a farmi dei predicozzi fumosi sulla “natura impulsiva” che avrei fatto meglio a tenere sotto controllo.

Ho dovuto far strangolare anche lui dal mio venerato assassino…

Insomma, credo che il libro sia stato l’acting out di un’impiegata che aveva un sogno, impossibile ma sincero: uccidere il capo e i colleghi antipatici.

E io a quel sogno ho dato corpo, forma e speranza.

Ma vi avviso: “Omicidi in pausa pranzo” è veramente politically incorrect.

E non ci sono scene di sesso. Né soft, né hard.

C’è nessuno laggiù?

L’affollamento su Internet è tale da farmi credere che TUTTI si sentano inascoltati, io per prima.

Postiamo tutti qualche miliardo di aforismi di cattiva qualità su Twitter, nella speranza di essere retwittati, o magari segnalati come twett preferito da qualcuno. Postiamo su Facebook foto di gatti a gogò, sperando in qualche Mi piace, e poi torniamo ossessivamente sulla foto del gatto per vedere se qualcuno ha fatto il Mi piace.

Postiamo articoletti scritti in fretta, e male, sui blog aggrattisse di WordPress, e guardiamo le statistiche per vedere quanti hanno letto l’ultima stronzatina.

La risposta è: NESSUNO.

Non c’è nessuno laggiù che ascolti le nostri voci stonate e solitarie.