La sindrome dello sfigato (e la festa dei morti)

Non credo che sia possibile nasconderlo.

Io mi sento una sfigata.

Anzi, come mi fece notare un amico qualche tempo fa: “Ti senti una sfigata, perché SEI una sfigata“.

Non aveva tutti i torti: appartengo a quella classe media italiana, senza grandi qualità, che sta lentamente affondando in attesa della pensione di 500 euro al mese (la contributiva) che chiuderà per sempre ogni discorso sulla sfiga.

Sarò sfigata PER DAVVERO, perché sarò vecchia e POVERA. Come tutti gli italiani, peraltro, che beneficeranno delle ultime riforme del sistema pensionistico.

Però vorrei spezzare una lancia a favore di chi soffre della sindrome dello sfigato.

Intanto, vorrei precisare meglio in cosa consiste la suddetta sindrome.

Come tutti le sindromi, è diagnosticabile a partire dai sintomi, mentre l’eziologia (la causa) è sconosciuta.

Ecco un elenco dei sintomi che sono tutti molto generici, ma riconoscibilissimi per chi li prova.

  1. Vi sembra di poter rileggere la vostra vita come un lungo elenco di occasioni perdute.
  2. Siete in grado di ricostruire i momenti in cui avete fatto la “cosa sbagliata”. Sapete che se in quel momento aveste fatto la “cosa giusta”, avreste evitato alcuni – quantificabili – colpi di sfiga.
  3. Pensate che gli altri non si accorgano del vostro valore, e che sul posto di lavoro siate sottovalutati.
  4. Pensate di essere mediamente più gentili delle persone che vi circondano, e che nessuno ve lo riconosca.
  5. Pensate di avere avuto alcune formidabili intuizioni, che però non vi sono MAI state riconosciute.
  6. Pensate – se siete genitori – di non esservi comportati poi così malaccio coi vostri figli, che invece sono diventati degli sfigati esattamente come voi.

Io non so da cosa dipenda la sindrome dello sfigato, ma ho l’impressione che ne soffra il 90% della popolazione.

Forse tutti, appena compiamo trent’anni e capiamo che non vivremo per sempre, cominciamo a soffrire dei sintomi sopra descritti.

Credo a che farci sembrare tutto un po’ inutile sia il fatto che la morte è il nostro unico e inevitabile destino (scusate la banalità dell’espressione) .

Perché svegliarsi tutte le mattine alle 6 e 45 e correre al lavoro, se poi tanto finisco al Camposanto?

Bene, raga, ho voluto onorare così – con un post bello depresso – il giorno della festa dei morti.

Ricordo anche a chi si dovesse sentire particolarmente depresso durante il ponte del 1 novemmbre, che il tasso di suicidi ha un picco durante le feste di Natale e quindi, se siete veramente depressi, aspettate almeno fino al 25 dicembre per buttarvi sotto la metropolitana, così da onorare le statistiche.

Oppure mandatemi un’email. Io rispondo a tutti.

Ultima cosa.

Dicono che che quelli che sono un po’ depressi, scrivono roba brillante.

Io credo di essere un po’ depressa, e quindi scrivo roba che cerca di far ridere.

I libri che ho pubblicato fino ad adesso non sono un granché, ma appartengono al cosiddetto genere brillante.

Ho però in serbo un capolavoro – che non ancora scritto – in cui parlo solo di MORTE.

Non vedo l’ora di buttarmici sopra.

Ultimissima cosa.

Se qualcuno volesse leggere l’autobiografia di uno che si sentiva uno sfigato, non aspettate un minuto di più e compratevi “Le confessioni” di Rousseau.

La meravigliosa storia di un uomo timido che fa l’amore con una prostituta perché non ha il coraggio di dirle di no, e poi scappa dal medico per paura della sifilide.

Un ipocondrico che sposa una donna un po’ stupidotta, e poi sparla MALAMENTE della suocera che lo tormenta.

Un genio che scrive un libro geniale sulla normalità.

Non c’è scampo dalla normalità, credetemi.

Tanto vale rassegnarsi (io l’ho già fatto).

18 thoughts on “La sindrome dello sfigato (e la festa dei morti)

  1. Nicola Losito ha detto:

    Benvenuta nel clan dei depressi. Io colpito da malinconia autunnale, tu da sfiga esistenziale.
    Ma ce la faremo a risorgere!!! 😀
    Nicola

  2. ivan902 ha detto:

    Mamma mia! Sono post come questi che fanno passare la voglia di vivere, invece di lamentarsi su cosa non si ha e su cosa si ha sbagliato… impariamo a ricordare i bei momenti passati e le soddisfazioni che abbiamo nella vita odierna… c’è sempre chi sta peggio 😉

  3. caimancito ha detto:

    Io, sfigata DOC, quando mi alzo il mattino e vado in cucina a preparar la colazione, sento una intesa scarica di felicità senza motivo, si chiama Prozac e mi aiuta a vivere 😉

  4. Ho apprezzato il post.
    Però non è che gli sfigati siano per forza depressi.
    La consapevolezza che alcuni valori siano sciocchi (“sbagliati” ha poco senso, li trovi proprio stupidi) aumenta il livello di sfigaggine.
    Esempio: la ricerca di 50000 follower su Twitter per sentirsi twitt-star, una “stella” che fa rumore ma non dice niente e magari però ci vive con quel rumore. Allora io finisco per snobbare i 50000 follower e rinunciare al rumore, così facendo sono un po’ più sfigato.
    Se questo comportamento lo adotti in tutti gli aspetti della tua vita, personale e lavorativa, allora sei e ti senti vagamente un po’ diverso.
    Ma sì, chiamiamola sfiga.
    Tra gli scrittori la lista sarebbe lunga. Osamu Dazai ci ha fatto un libro (Lo squalificato). Prima di tentare 4 volte il suicidio. Poi alla quinta ci è riuscito. Questo però con la sfiga non c’entra.
    Saluti,
    F.

    • Viola Veloce ha detto:

      Osamu Dazai mi mancava, ma lo leggerò. Interessante il suo hobby di tentare il suicidio in compagnia della moglie/fidanzata di turno.
      Ci riesce solo con l’ultima, da quello che ho letto.
      Un paio precedenti si salvano.
      No, gli sfigati non sono depressi. Ma sono consapevoli di quanto poco sia interessante il successo.
      I follower di Twitter sono un esempio moderno di “successo”, ma ci sono molti scrittori che hanno fatto dell’insuccesso l’argomento principale delle loro opere.
      Adesso me ne vengono in mete due: Nabokov e Malamud.
      Ma credo che se dovessimo esaminare l’opera di tutti quelli che hanno scritto qualcosa di decente, non troveremmo nessuno che racconta che si è comprato una Ferrari e poi si è scopato tutte le bariste della Riviera Romagnola, da Rimini a Riccione.
      Insomma, solo i libri rosa prevedono il finalino allegro.
      Ma non sono libri.

      • Sì, sì. Quando seppi la cosa di moglie e fidanzate la trovai orribile. Provi a suicidarti con la tua compagna e dove lei riesce tu fallisci. Roba da morirci.
        Non ho letto Malamud. Grazie per il suggerimento.
        Sulla difficoltà del finalino allegro nei grandi libri non saprei, sono soltanto un modesto lettore. È più facile però suscitare forti emozioni, puntare sui sentimenti, paura e orrore; più che riuscire a fare ridere, ad esempio. Immagino che per scrivere un grande libro con il finalino allegro serva un fuoriclasse.

      • Viola Veloce ha detto:

        Mi piace Tarantino perché riesce a piazzare un finalino allegro in tutti suoi film. Anche nell’ultimo. Sì, sono d’accordo. Far morire tutti è più facile che non farli ridere.

  5. Per correggere quel “compagnia” potrei pagare, sappilo.

  6. Viola Veloce ha detto:

    L’ho corretto. Peccato, potevamo suicidarci insieme.

    • Francesco D'Agostino ha detto:

      Grazie.
      Provo a scrollarmi di dosso punti sfiga: piuttosto che un suicidio di coppia faccio lo scambista. Per dire, il gioco di parole l’ho afferrato.
      E poi, diciamolo, inutile accelerare la pratica, tanto lì si finisce. Tra l’altro sono del Sud e prendermela con comodo mi viene naturale.
      Il suicidio, comunque, credo sia spesso un atto d’accusa. Io sono più per essere dimenticato all’istante, ecco. Una specie di Bartleby de noantri. Possibilmente in riva al mare a pescare, cucinare, leggere. Senza rotture. Viaggicchiare ogni tanto. È un piano per nulla ambizioso di una persona banale, me ne rendo conto.

      • Viola Veloce ha detto:

        Bartleby de noantri. Che bello. Orribile la traduzione in “Avrei preferenza di no” del suo “I would prefer not to” fatta da non so quale traduttore laureato.
        Io purtroppo sono padana e dei padani ho qualità e difetti.
        Sono diretta, lavoro a testa bassa, un po’ anaffettiva, testarda, ma non ho mai votato per quegli orrendi partiti del Nord.
        Vorrei dire: “Preferisco di no”, ma poi finisco a fare le fotocopie in ufficio. Anche per gli altri.
        Che orrore.

  7. Francesco D'Agostino ha detto:

    “Avrei preferenza di no” è la traduzione dell’edizione economica Feltrinelli. Non che sia colto, è l’unica che ho letto e ricordo vagamente il curatore dell’edizione che argomentava su questa scelta. Fortuna sfacciata.
    Umh. Ti serve un piano per conquistare il mondo. Scrivi un bestseller dal titolo “La metamorfosi” in cui immagini di svegliarti fotocopiatrice. A quelli che ti accusano di avere copiato titolo e idea da Kafka rispondi “Kafka chi?”, che fa sempre la sua porca figura. Diventi una scrittrice famosa e non rispondi più ai commenti degli sfigati. Se fai uno starnuto prendi 120 like su facebook, ma nemmeno lo sai perché l’account lo gestisce uno studente sottopagato ingaggiato dal tuo agente. Tu intanto ti riscopri fisicamente portata per lo shopping e le comparsate televisive. E la vita torna a sorridere.
    La prossima volta magari commento sotto un altro post.
    Buona serata, Viola.
    F.

    • Viola Veloce ha detto:

      Dio bono, come scrivi bene. Hai letto tutto.

      • Francesco D'Agostino ha detto:

        Quasi quasi se muoio, davvero o per finta, cambio programma: invece di sparire per essere dimenticato, sparisco e al funerale faccio distribuire un simpatico gadget: una t-shirt commemorativa con stampato il tuo commento.
        Dio bono, com’è volatile l’animo umano!
        “La vanità è decisamente il mio peccato preferito”, disse il Diavolo.

    • Viola Veloce ha detto:

      Ma lo sai che invece Fabio Volo scrive lui, secondo me? L’ho letto su Facebook che si scusava con delle lettrici perché non era andato a non so quale presentazione.
      Tra un po’ le case editrici pubblicheranno solo autori che hanno 5.000 follower su Twitter dopo avergli testato l’account per essere sicuri che non siano falsi.
      C’è un pazzo – italiano – che se n’è comprato 50.000 falsi e lo va a dire in giro: “Ho comprato 50.000 follower!”.
      Ma non è né uno scrittore, né un personaggio politico o tanto meno un opinion maker: non è NESSUNO.
      A Kafka gli fa un baffo.

      • Francesco D'Agostino ha detto:

        I follower? Costano una manciata di dollari, manca poco che le nonne li regalino a Natale al posto dell’immancabile set sciarpa&guanti con variante cappello. Vado a leggere del condominio, va’.

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