RICHARD J. GALLOWAY è cresciuto vicino alle industrie del nord-est dell’Inghilterra in compagnia di Star Trek, Doctor Who e di molti romanzi fantasy.
RICHARD si è poi ribellato al destino disegnato per lui dalle scuole che aveva frequentato, secondo cui il lavoro in un’industria sarebbe stato la sua naturale vocazione.
Il suo insegnante era disperato:“Se non vuoi lavorare nelle acciaierie, dove vuoi lavorare?”
La sua risposta era sempre: “Non lo so.”
Il settore in cui sarebbe finito si concretizzò dieci anni dopo. Oggi Richard lavora nell’informatica.
Vive ancora nel nord-est dell’Inghilterra con la moglie, la famiglia, e un grosso gatto chiamato Beano.
L’ho intervistato al telefono insieme a Rita Carla Francesca Monticelli.
Caro Richard, benvenuto nel mio blog. Iniziamo con una domanda classica: chi è veramente Richard J. Galloway?
Un estroverso showman con l’attitudine all’auto-promozione e la necessità di essere al centro dell’attenzione!
No, non potrei in nessun modo venire descritto in questo modo…
Ciò che possiedo in abbondanza è una quieta empatia, una fobia nei confronti delle storie non terminate a causa de “Lo Hobbit”, un’ossessione per il misterioso e improbabile mondo della fantasia, e un’urgenza di scrivere di tutto questo. Mi piace prendere un evento comune di tutti i giorni e fornirne una spiegazione alternativa e leggermente più strana del suo significato apparente. Il mio modo di descrivere questa operazione è “esporre l’illusione dell’ordinario”; è una sorta di psicosi paranoide letteraria. Se per caso vuoi sapere in che modo “Lo Hobbit” sia coinvolto in tutto questo, ho scritto un post su questo argomento sul mio blog. Purtroppo è disponibile solo in inglese.
“Amantarra” è il tuo primo libro ed è anche il primo di una trilogia, si profila quindi per te un lungo impegno per arrivare alla fine della serie. Come si scrive una serie di libri? Stai già scrivendo il secondo libro? Come si intitola? Hai già in mente un finale preciso o hai una rosa di opzioni tra cui scegliere oppure ancora non hai deciso?
Il titolo del secondo libro è “Saranythia” e sì, ho già iniziato a scriverlo. Ho solo una trama grezza del terzo libro, ma so dove e come finisce la serie. La trama del terzo libro verrà rimpolpata mentre scrivo il secondo.
Come scrivo una serie? La risposta più breve è che te lo dirò quando ho finito. La risposta più lunga è che “Amantarra” all’inizio era stato pensato come un libro singolo, ma poi alla fine non ho potuto resistere al desiderio di lasciare un collegamento con un’altra storia. Ho pensato che prima o poi ci sarei tornato, ma a quel tempo non avevo idee sulla trama. Avevo iniziato a lavorare a qualcosa di completamente diverso, quando mi sono reso conto che alcuni fili della trama stavano andando in parallelo con “Amantarra”, e improvvisamente avevo un’altra trama. Mi è subito parso chiaro che ci sarebbe stato anche un terzo libro. Perciò ho adattato alcuni dei personaggi del nuovo scritto e li ho cuciti nel tessuto del mondo di “Amantarra”.
I protagonisti di “Amantarra” comprendono sia adolescenti che adulti, si tratta di un libro adatto a tutte le età, ma come sappiamo quando si parla di fantascienza si tende a considerarla un genere apprezzato soprattutto dagli uomini. Questo è sicuramente vero in Italia. Pensi che il tuo libro possa piacere alle donne? Perché?
I miei correttori di bozze sono entrambi delle donne e a loro è piaciuto. Ma – mi pare quasi sentirti obiettare – non l’avrebbero detto in ogni caso? Forse, ma conoscendole, forse no. Mentre stavo scrivendo questa risposta, ho chiesto loro cosa avevano apprezzato del libro. Entrambe hanno risposto che si trattava degli elementi umoristici e di quelli romantici, ma è meglio non prenderle in parola. Ho avuto alcune recensioni molto positive su Amazon scritte da donne. Una di queste non considerava la fantascienza uno dei suoi generi preferiti. La storia del libro è basata sul principio che, agli occhi di culture primitive, tutte le tecnologie sufficientemente avanzate sembrano magia. E quindi la fantascienza viene avvolta e mostrata al lettore come se fosse magia. Mi limito soltanto a dare poche informazioni riguardo alla tecnologia che sta dietro di essa. Ciò dà alla storia un tocco fantasy.
Lascia che ti racconti un po’ di più sulla trama, potrebbe aiutarti a comprendere che tipo di lettore può attrarre.
Amantarra è la più giovane di due sorelle. Appartiene a una razza di esseri così evoluti che hanno abbandonato la loro forma fisica in un tempo del passato pari a circa la metà dell’esistenza dell’universo. Da immortali, vivono in una città costruita all’interno di una sfera che occupa una propria serie di dimensioni. Essi però stanno venendo spazzati via lentamente e in segreto da un nemico sconosciuto. Si tratta quindi della storia di come Amantarra combatte per la sopravvivenza della sua razza. Finora la descrizione è molto fantascientifica, ma la porto nel mondo del plausibile quando Amantarra, nonostante i suoi sforzi, involontariamente trasferisce questa battaglia sulla Terra. A questo punto nella trama sposto l’azione su un gruppo di spudorati adolescenti in una scuola negli anni ’70 in Inghilterra. Con lo humour che è tipico del nord dell’Inghilterra, è qui che la tecnologia avanzata di una razza di esseri immortali incontra i residenti di una città industriale. Uno di essi scopre che la morte non è così definitiva come pensava, infatti si rende conto di essere morto solo dopo che qualcuno glielo dice. C’è mistero, cambiamento e romanticismo per alcuni. Più di un solo tipo di magia nell’aria.
Uno dei personaggi principali si chiama John, e l’iniziale del tuo secondo nome è J. Scommetto che non è una coincidenza. Quali personaggi di “Amantarra” portano con sé una parte di te?
Sì, hai indovinato, il mio secondo nome è John, ma ci sono stati altri fattori che mi hanno spinto a prestare il mio nome a un personaggio. “Amantarra” è iniziato come una storia su un orologio d’argento che ho ricevuto da bambino. Il nome “J. Godbert” è inciso al suo interno, e mi sembrava una scelta ovvia quella di darlo a un personaggio. Avevo solo bisogno di qualcosa che cominciasse per “J”. Come hai giustamente sospettato, John Godbert era inizialmente basato sulla mia personalità. Dico inizialmente perché mentre scrivevo la terza versione del libro divenne ovvio che non potevo manipolare il personaggio nel modo che mi era necessario se immaginavo me stesso al suo posto. Sono molto bravo a osservare la natura umana, ma è proprio questo il problema: come osservare se stesso. Tutti i miei personaggi sono basati sulle idiosincrasie di persone che conosco o che ho conosciuto. Alcuni presentano tratti di più persone e altri di una soltanto. Io sono ancora parte di John, alcuni dei suoi processi mentali sono i miei, ma John è basato di più su un’altra persona, cui mi sono rifatto per il personaggio di Scott Briggs, che su di me. Trovo più semplice scrivere come burattinaio che come burattino. Detto ciò, la storia sentimentale tra John e Elleria è basata soltanto sull’inizio della relazione con mia moglie.
Uno delle cose che noterai del mio lavoro è che mi piacciono le protagoniste forti. Elleria in particolare è basata su una persona con la quale sono andato al college. Adesso lei gestisce il dipartimento IT di un grande istituto finanziario a Londra. La stessa Amantarra è più complessa ed è basata su più persone, ognuna delle quali ha una forte personalità.
Noi autori indipendenti nella vita facciamo per forza di cose anche un altro lavoro (in realtà anche la maggior parte degli autori pubblicati da editori) e ciò tende a rallentare le tempistiche di scrittura di un libro. Se poi si tratta del primo libro e non si è ancora esperti, ci può volere ancora di più. Quanto tempo è passato da quando hai scritto la prima scena di “Amantarra” alla sua pubblicazione? Cosa ti ha insegnato questo tipo di impegno?
Più a lungo di quanto tu possa immaginare. “Amantarra” è stato scritto tre volte. Inizialmente era intitolato “L’architetto”. Come la maggior parte dei tentativi di scrivere un romanzo, era una specie di saggio scolastico e in tutta onestà non era un granché. La seconda versione venne scritta come satira ed era ambientata principalmente sulla Terra. Questa è la versione che ho cercato di pubblicare tramite i metodi tradizionali e mi fu presto chiaro che la mia opera non veniva neppure letta da agenti e editori. Ci fu un altro fattore che mi spinse a decidere di scrivere una terza versione e si trattava di mio padre. La versione precedente era stata scritta tenendo lui in mente. Quando l’ha letta, gli sono piaciute le parti ambientate sulla Terra, ma ha smesso di leggere quando è arrivato alle parti fantascientifiche e fantasy. Sorprendentemente ciò fu più liberatorio che deludente. Noi tutti vorremmo avere l’approvazione dei nostri genitori, ma, quando ho capito che lui non l’avrebbe mai letto, mi sono sentito libero di fare come volevo. Perciò la terza versione venne scritta come fantascienza e rimossi gran parte dello humour, anche se non tutto.
Quindi, hai chiesto quanto tempo. Be’, dalla prima storia sull’orologio alla pubblicazione di “Amantarra” sono passati ben dieci anni. Certo, non stavo scrivendo tutto il tempo. Passavano mesi senza che nulla accadesse. Ma per quanto riguarda la terza versione, che è di 124 mila parole, ho iniziato a scrivere tutti i giorni e dall’inizio alla fine mi ci sono voluti quattordici mesi, un notevole miglioramento. Non sono sicuro se “impegno” sia la parola giusta. La scrittura per me è più una dipendenza. Mi sento irrequieto quando non scrivo, ma quando lo faccio spesso mi chiedo dove vada a finire il tempo.
Parte della storia di “Amantarra” è narrata in periodi diversi della storia umana: la preistoria, il XIX secolo, le guerre mondiali, fino ad arrivare agli anni ’70. Che tipo di ricerche hai fatto per scrivere queste scene?
Le scene ambientate negli anni ’70 sono state facili. Ero lì e sono quasi tutte basate su fatti reali. Per esempio, il gioco con le carte truccate per recuperare i soldi dai bulli della scuola è esistito veramente, sebbene le cose non siano andate altrettanto bene come nel libro. Le guerre mondiali sono basate su storie raccontate da mio padre e da mio nonno. Le ho rimpolpate con descrizioni prese da fotografie, televisione e fatti storici. Tutta la sottotrama riguardante l’elmetto tedesco della Prima Guerra Mondiale è stata creata da una sola fotografia. Allo stesso modo l’ambientazione del diciannovesimo secolo proviene da una sola fotografia. La preistoria è stata probabilmente la parte più facile. L’unica cosa che ho dovuto inserire sono stati i graffiti nelle caverne. Per il resto ho supposto che il comportamento umano non fosse poi molto cambiato e in base a ciò ho costruito una scena.
Ho visto le immagini di Valheel nella galleria del tuo sito italiano. Come ti è venuta in mente quel tipo di struttura?
È stato divertente creare Valheel. Avevo avuto l’idea che la razza di Amantarra esistesse in un’altra serie di dimensioni e che potessero esistere nel nostro universo solo come fantasmi. Ciò di cui avevo bisogno era un punto focale in modo da metterci un po’ di azione. Valheel è iniziata nella mia mente come una semplice città, in altre parole piatta, ma che fluttuava nel vuoto, quindi come potevo impostare i suoi confini? Ci ho messo una bolla intorno per separarla dal vuoto. Ciò si è evoluto nel mettere la città, ora separata in quattro zone, all’interno della bolla. Siccome la città era costruita di pura energia ed esisteva nella sua serie di dimensioni, poteva avere le sue regole relative alla gravità, l’atmosfera e cose simili. Questa breve descrizione dell’evoluzione di Valheel potrebbe far pensare che sia stata creata durante la notte. Non è così. Valheel si è evoluta lentamente. Una volta che ho avuto la città in mente, questa ha iniziato a condurre la trama, ma ha creato anche dei problemi. Così, per risolvere i problemi della trama, ho modellato l’intero ambiente in 3D. Le immagini sul mio sito web sono prese da quel modello.
Quando uscirà il seguito? Come si intitolerà? Verrà tradotto in italiano?
Ho imparato una lezione molto utile da Rita Carla Francesca Monticelli a proposito della pubblicazione di opere di grandi dimensioni. Dividerle in parti. Questo è ciò che intendo fare con “Saranythia”. Spero di completare la prima parte durante la pausa tra due contratti di lavoro.
E sì, senza dubbio verrà tradotta in italiano.
È un po’ presto per valutare l’esperienza di avere il tuo libro sul mercato italiano. Parliamo di come tu, da autore indipendente, sei arrivato a far tradurre “Amantarra” in italiano. Come hai conosciuto la traduttrice (nota: si tratta dell’autrice Rita Carla Francesca Monticelli)? Che effetto fa vedere il proprio libro in un’altra lingua?
Rita Carla Francesca Monticelli mi contattò su Twitter e mi chiese se avessi mai pensato di far tradurre il mio libro in italiano. Devo dire che non ci avevo proprio pensato, ma più lo facevo più mi convincevo che si trattasse di una buona idea. Una delle mie preoccupazioni era che gran parte del libro è molto inglese. I personaggi, lo humour e un sacco di ambientazioni sono basati su persone e luoghi nel nord-est dell’Inghilterra. Il nord-est non è come l’immagine internazionale con cappello a bombetta e ombrello sempre appresso che gli inglesi sembrano avere. È molto lontano da essa, ed ero preoccupato che “Amantarra” potesse fornire un’immagine inglese troppo strana per il mercato italiano. La gente del nord-est ha i piedi ben fissati a terra, non si danno delle arie, “airs and graces”, come diciamo noi. Questa è una tipica espressione inglese che si riferisce al comportarsi da falsi, per far credere alle altre persone di essere importanti e appartenere a una classe sociale più elevata. Poi io e la mia famiglia siamo andati in vacanza a Sorrento lo scorso anno per farci un’idea della mentalità italiana, e anche per abbronzarci. E ho scoperto che gli italiani, almeno quelli che abbiamo conosciuto, sono persone con i piedi per terra. Mi sono sentito a casa. Carla mi assicura che la fantascienza inglese è molto popolare in Italia, per esempio “Doctor Who”. Perciò sono fiducioso che la mia opera possa stare bene nel mercato italiano. Mi piace dire alle persone che il mio libro è stato tradotto in italiano, lo trovo entusiasmante, e queste ne rimangono impressionate. Sembra che debba stare attento a non darmi troppe arie.
Quali sono i tuoi propositi per il 2014 come autore?
Sono determinato a completare “Saranythia”. Non sono sicuro se ci riuscirò, ma mi ci impegnerò. Inoltre sto collaborando con Rita Carla Francesca Monticelli nella pubblicazione del suo “Deserto rosso” in inglese (“Red Desert”). Era da un anno che non vedevo l’ora di leggere questo suo lavoro, e adesso sta finalmente accadendo.
Grazie per la tua gentilezza. È stato bello parlare con te!
È stato davvero un piacere anche per me, grazie per l’opportunità.
Il sito italiano di Richard J. Galloway è http://www.richardjgalloway.eu
“Amantarra” è disponibile su Amazon, iTunes e Smashwords (presto anche su Kobo).