Cercherò anch’io di scrivere qualcosa sui mondiali, facendo una serena premessa.
Odio il calcio.
Oggi, durante i mondiali ho dormito.
Detto ciò, mi preme fare un’altra premessa: sto per scrivere un articoletto da cronaca rosa, mescolato col solito Girard, antropologo e autore de “Il capro espiatorio”.
Mi scuso in anticipo delle mie banalità, che vado adesso ad esporre.
Ultimissima premessa: sono favorevole allo Ius soli SECCO, all’americana.
Diventi automaticamente cittadino del paese dove nasci. PUNTO.
E’ più pratico, più corretto, più semplice, più MODERNO.
Nessuno deve verificare se tuo padre è italiano, o se avevi un nonno di sangue italiano emigrato in Brasile cento anni fa.
Se sei nato in un ospedale italiano, sei dichiarato cittadino italiano.
Inutile sprecare cartacce o farti aspettare fino a diciott’anni, come è successo a Balottelli, nato a Palermo, per dargli il diritto di esercitare l’opzione se diventare italiano o ghanese.
Sono buffonate da VECCHI europei, ancora preoccupati a far finta di difendere confini porosi, attraversati da forza lavoro a basso prezzo, che piace molto ai parùn.
Ai parùn piace pagare poco gli operai delle fabbriche o i poveri cristi che raccolgono i pomodori a due euro all’ora, anche se poi si lavano la coscienza – e la faccia – votando per partiti razzisti come la Lega.
Ritorno ancora a Balottelli, che nasce a Palermo da genitori ghanesi che lo abbandonano in ospedale.
Non riescono o non vogliono occuparsi di lui.
Da piccolo è molto malato e passa i primi anni da solo in un ospedale di Palermo, affidato al personale ospedaliero che si occupa di lui.
I genitori naturali cambiano città e, quando Mario ha due anni, viene dato in affido a una famiglia di Brescia, i signori Balotelli, che si occupano di lui con affetto e generosità.
Non ho mai capito perché Mario sia arrivato a Brescia, e non a Bologna, per esempio, ma non è un particolare importante.
Quando Mario comincia a diventare famoso, saltano fuori i genitori naturali, che si fanno fotografare con la sua foto: “Mario, ti rivogliamo!“.
Lui li manda a cagare senza troppi complimenti: “Mi avete lasciato da solo. Sparite“.
Nel frattempo si compra una Ferrari – ma perché no? – e gioca molto bene, ma a volte anche molto male (credo).
E poi pastrocchia con le donne, si incazza, si diverte, è un po’ sbruffone, ma anche arrabbiato, ha gli occhi tristi.
Litiga con gli allenatori, si incazza con chi lo insulta perché è nero, finisce su tutti giornali di cronaca rosa.
E lui cosa vuole fare per dimostrare – a noi italiani di razza bianca – che è italiano anche lui, ed è degno di essere amato e ammirato come un qualsiasi altro italiano?
Vuole vincere i MONDIALI.
Vuole vincerli per NOI, che gli abbiamo dato la cittadinanza a diciott’anni, mentre lui parla con l’accento bresciano di Fabio Volo e ha bisogno di fare cose eclatanti e fuori dal comune per essere amato e accettato da chi l’ha lasciato sulla porta fino a diciott’anni prima di dirgli: “Ehi, sei italiano anche tu!”.
Ma cosa succederà se Balotelli non ci farà vincere i mondiali, come peraltro sembra che stia già accadendo?
Il rischio è che qualcuno dia la colpa a lui, dia la colpa a Balotelli di non averci fatto vincere.
Non la daranno a Prandelli o Pirlo, potrebbero darla a lui.
Per un motivo molto semplice.
Balotelli è comunque un italiano eccentrico, un ragazzo adottato che si compra la Ferrari, ma si sente pur sempre uno sfigato, e cerca il successo mondiale per dimostrarci che è un figo.
I capri espiatori sono sempre fuori dal branco, e Balotelli è fuori dal branco, con i suoi umori ciclotimici e le promesse MIRABOLANTI che difficilmente si potranno avverare.
Se l’Italia dovesse vincere i mondiali, non sarebbe solo merito suo.
E se li perdesse non sarebbe solo colpa sua.
Il successo non serve a nulla.
Chi cerca il successo per dimostrare il proprio valore, costeggia i burroni del fallimento e della depressione.
Credo che Balotelli non dovrebbe più promettere nulla. E stare in pace con se stesso.
Per quanto riguarda invece noi, italiani di ius sanguinis, smettiamola di trattare male chi viene a vivere in Europa.
E’ solo un caso fortunato se siamo nati qui, e non in Siria o in qualche altro posto dimenticato da Dio.
Potremmo esserci noi sotto le bombe, a Aleppo, e ringraziamo il caso che invece siamo tutti qui a chattare su Facebook.
Adoro il calcio.E adoro tutto ciò che hai scritto.Messagio molto profondo e fotografia di una realtà molto amara.C’è poco spazio per lo humor.
Kheira grazie.