Ho sempre trovato sgradevoli le generalizzazioni, tanto più quando si parla di italiani, o di greci, o di qualche altra categoria molto mal definibile, se non a prezzo di orribili generalizzazioni.
Ma non riesco a non pensare all’Italia e agli italiani come a un grumo doloroso e depresso.
Sono scomparse le buone notizie, non solo dai giornali, ma sembra persino dalle nostre vite private.
Non passa giorno che non senta qualcuno che mi racconta una storia triste e maledettamente vera.
Una persona cara che si è ammalata, un genitore anziano che sta male.
Non sono una bambina e i miei amici hanno i genitori che cominciano a invecchiare.
E nessuno di noi – i miei coetanei – ha veramente grandi motivi di gioia nella sua vita.
Ma sono anche tantissime le persone che incontro e che mi raccontano di avere perso il lavoro.
Anzi, se sono in coppia, magari è stato solo uno dei due ad averlo perso, e i redditi si sono dimezzati.
Le famiglie monoreddito sono poi quelle che rischiano di più: basta un soffio di vento più forte degli altri, e “Sei fuori!“, come dice dice Briatore (meglio Crozza di quello vero).
Nel frattempo, in questo mare di tristezza e lamenti, il governo ha approvato una legislazione sul lavoro che potrebbe causare ulteriori guai.
Il contratto a tutele crescenti, senza nessuna tutela per chi poi esce veramente dal mondo del lavoro, non potrà che avere come effetto quello di abbassare ulteriormente i consumi.
Oggi solo chi ha la ragionevole certezza di non vedere cessare le sue entrate (per un ragionevole periodo di tempo), può decidere di fare dei figli e comprare una casa col mutuo.
Insomma, si può investire sul proprio futuro, in Italia, solo quando hai la certezza di continuare a guadagnare una somma modesta ma stabile.
Chi mai farebbe un investimento su se stesso o la propria famiglia, quando l’incertezza è la condizione nella quale vive?
Sono banale, ma la paura nella quale viviamo ci rende ancora più fragili: accettiamo con molta passività la poca determinazione di una classe politica senza idee, se non quella di farci diventare “moderni”: e cioè più instabili, meno protetti, sottoposti a sperequazioni distributive che fanno solo male all’economia.
Una buona distribuzione del reddito, che favorisca chi LAVORA, porterebbe anche a una buona distribuzione dei consumi.
Briatore può comprarsi anche un paio di yacht, ma è meglio se andiamo tutti a fare la spesa e compriamo le cosce di pollo, la frutta e la verdura, scarpe e vestiti.
Insomma, anche per l’economia è più SANO avere una classe media che consuma, invece di pochi e inetti capitalisti che investono in (cattivi) prodotti finanziari.
Ma ormai l’oscurità di questa depressione nazionale sembra averci buttato tutti giù: siamo tutti mediamente depressi e poco allegri.
Pronti, quindi, ad arretrare ancora.
Basta, bisogna passare all’attacco. Non so cosa riuscirà a fare Varoufakis, il ministro dell’economia greco più sexy di Rocco Siffredi, ma almeno si sta BATTENDO.
Bene, per questa sera ho già detto abbastanza banalità…