Sul web non ci sono barriere d’accesso. Ognuno può pubblicare i libri che vuole, caricare su Youtube i video girati in garage con la band dei compagni di scuola, chiedere soldi per finanziare un progetto (il crowfunding), eccetera.
Ma sono pochissimi quelli che riescono a “viralizzare” i loro contenuti, ovvero riescono a piacere a un grandissimo numero di persone. Col risultato che diventeranno famosi, e magari fonderanno un partito politico.
La “saggezza delle folle” è la teoria sociologica secondo cui la media delle risposte date da una folla di individui su un quesito si avvicina quasi esattamente alla risposta corretta.
L’esperimento che viene in genere citato per dimostrare la correttezza dell’assunto è quello in cui viene chiesto a un gruppo di individui di indovinare il numero di biglie contenute in un barattolo. La media delle loro risposte (se il campione è abbastanza esteso) è in genere molto vicina al numero di biglie effettivamente contenute nel vaso.
Justin Bieber è riuscito ad avere milioni di visualizzazione su Youtube, prima di trovare un produttore, ma non vi era dubbio alcuno che avrebbe venduto milioni di copie delle sue canzoni e riempito gli stadi.
Da questo punto di vista, il web ha sempre ragione. Se qualcosa diventa virale sul web, quel progetto o quel personaggio avranno successo anche fuori dal web, perché le “folle” hanno sempre ragione: capiscono se un prodotto o un autore funzioneranno.
Questo non significa che a tutti debba piacere la musica di Justin Bieber, ma significa solo che Bieber avrà pubblico a sufficienza per riempire gli stadi. Potrebbe anche capitare che il nuovo Hitler nasca su Youtube, perché la viralità non è certo sinonimo di intelligenza e qualità.
Ma è una cosa CERTA: chi fa un flop sul web, difficilmente avrà successo nel mondo reale (parlo sempre di artisti, autori, musicisti, eccetera).
Ed è per questo motivo che il web fa un po’ paura. Perché se scrivi una canzone, la posti su Youtube e fai 400 clic, è probabile che la canzone faccia schifo per davvero.
Non scherzo, lo penso sul serio.
Sì, è una delle mie ossessioni: cosa ne sarà di tutto quello che ho scritto sul web e di tutte le email che ho mandato, dopo che sarò morta?
Immagino che i miei post su Internet resteranno impressi su qualche server indonesiano ancora per qualche anno, mentre invece le mie email dureranno di più. Perché resteranno nelle caselle di posta di chi le ha ricevute. E forse, qualcuno di quelli a cui ho scritto in tutti questi anni, andrà a rileggerle, di tanto in tanto, come faccio con le email che mi hanno lasciato in eredità un paio di amiche che se ne sono andate.
Ogni tanto rileggo quello che mi hanno scritto, e la mia tentazione è di cliccare su “Rispondi”: chissà che da qualche parte non ci sia un server collegato con i trapassati, che continuano a rispondere alle email anche dal Regno dei Morti?
Insomma, la scia digitale che oggi lasciamo sul web è così ontologicamente reale da farti venire il dubbio che i morti siano veramente morti, e non si siano invece spostati in una realtà virtuale separata, ma pur sempre reale, con la quale è possibile comunicare. Se solo sai come fare…
Mi sembra che morire sia diventato meno probabile e plausibile da quando esiste un nostro doppione digitale in giro per il mondo, che appunto ci sopravvive.
Non sto dicendo nulla di nuovo, c’è addirittura un episodio di una serie di Netflix (San Junipero, Black Mirror), in cui le due protagoniste hanno programmato di restare vive in una specie di capsula temporale-digitale anche dopo la morte, e sono in grado di capire e ricordare la differenza tra essere vive per davvero e trasformarsi in doppioni tecnologici dopo la morte. In San Junipero, la vita continua anche dopo, e il Paradiso è fatto di bit che ti consentono di credere di essere ancora vivo.
Le serie su Netflix sono solo un passatempo e nessuno potrà più usare la mia casella di posta dopo che sarò morta o accettare le amicizie su Facebook, o stabilire nuovi collegamenti su Linkedin.
Certo, essere morti significa soprattutto non godere più della vita, degli amici, dei figli, delle passeggiate in montagna quando lasci le orme nella neve (che fa “cric”) o dei tramonti lombardi in cui il cielo esplode di rosso.
Ma essere morti significherà anche non rispondere più alle email dei nostri amici e scomparire da tutte le conversazioni digitali nelle quali siamo stati ingaggiati, sia on le persone che conosciamo che con gli sconosciuti.
Ecco, la verità è che morire è diventato più difficile. Vorrei restare viva su un server – magari in Nevada – e continuare a controllare la mia corrispondenza su Gmail…
So perfettamente che Facebook non è un ente di beneficenza e che vende pubblicità.
Ma ormai sono mesi che le DONNE iscritte a Facebook vengono martellate dalla pubblicità sul Gyno-Canesten della Bayer (un prodotto contro la candidosi vaginale), pubblicità che si chiama: “Tu la conosci Candida?“.
Bene, oggi non ne potevo più di vedere quell’annuncio sulla destra e ho cliccato per vedere com’era il sito.
Una signorina piuttosto fastidiosa – Candida – che sostiene di conoscere molto bene tutte le donne, mi ha sottoposto a un intrigante questionario.
Una delle domande sui motivi per i quali alle donne viene la candida prevedeva la scelta tra le seguenti risposte:
1. depilazione aggressiva,
2. esercizio fisico prolungato,
3. utilizzo di sex toys,
4. stress.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi risposto “sex toys“, visto che ogni nostro clic viene accuratamente conservato e catalogato.
Sarei diventata il target di una nuova compagna del tipo: “Tu li conosci i nuovi piaceri dell’amore?” (o una frasetta del genere) e avrei dovuto rispondere a un questionario sull’argomento “sex toys”?
Lo so che NOI SIAMO IL TARGET, ma ormai ho paura a cliccare in giro per evitare di farmi profilare come potenziale consumatrice di “qualcosa”, sia esso un prodotto contro la candida o accessori da signora.
Sono diventata paranoica: lo so che qualcuno, lassù, sa tutto di me.
E cercherà di vendermi qualcosa. Come minimo…
Nulla è più privato, oramai.
Persino la nostra faccia è diventata un fatto pubblico, visto che ormai anche le vendite delle Go-Pro e consimilia stanno esplodendo e nessuno si incazza più se qualcuno gira con una telecamera accesa.
Persino l’ultima guerra santa dell’ISIS pare sia la più autofilmata della storia, visto che tutti i combattenti hanno il cellulare con il quale riprendono le scene di battaglia, per poi magari vantarsi su Twitter di aver ucciso il loro primo uomo.
A questo punto l’unica forma di protesta rimane quella di confondere gli algoritmi che ci classificano quando clicchiamo su un prodotto o lo compriamo.
Consiglio quindi di acquistare in ordine i DIECI seguenti prodotti, così da impedire la vostra attribuzione a uno dei profili standard di consumatore.
Nessuna capirà se siete uomini o donne, vecchi o bambini, buoni o cattivi…
Sto assistendo orripilata al più grande inciucio politico italiano, peggio del centro-sinistra.
Il PD (che non ho votato) ha fatto una campagna politica CONTRO Berlusconi, poi Bersani ha detto (per un mese) che non avrebbe fatto un governo col Berlusca, poi l’hanno fatto dimettere, e in un week-end hanno tirato fuori il governo PD-PDL.
Che sta per varare leggi liberticide come il nuovo Porcellum.
Sono attaccati alla cadrega, e faranno di tutto per restarci il più a lungo possibile.
Anche i giornali sono allo sbando.
Non sanno più cosa scrivere.
I titoli sono confusi e pasticciati, nessuno ci capisce più niente.
La politica italiana è in mano a una decina di persone – non credo molte di più – che fanno e disfano leggi e governi a loro piacimento.
E noi, popolo bue, che facciamo?
Tacciamo vinti da cotanta merda?
No, postiamo calembour su Twitter, blogghiamo in rete il nostro orrore, li prendiamo per il culo.
Sì, lo confesso, passo le sere a fare battute – un po’ bruttine su Twitter – perché prenderli per il culo è la cosa più sana che si possa fare.
I regimi lo sanno, e la satira viene punita al pari della dissidenza aperta.
Solo sul web mi sento libera.
Sì, lo so che i sondaggisti e qualche informatico intelligente (servo dei regimi) tengono d’occhio Twitter e i social media.
Ma cosa fanno? Ci denunciano tutti? Perché li abbiamo presi per il culo?
Non siamo ancora in Corea del Nord, anche se ci stiamo avvicinando.
W il web! W la libertà del web!
Se ci tolgono anche il web, siamo tutti morti.
Quasi impossibile fare l’elenco di tutto quello che una moderna casalinga-lavoratrice deve tenere sotto controllo.
Anche la connessione internet di casa, ma prima di parlarne, vorrei fare una premessa.
Son cambiati i tempi, ahimè, in cui ti compravi il frigorifero bombato il giorno prima delle nozze, e te lo portavi fino alla tomba, senza dover cambiare neanche la maniglia.
Con l’elettronica, invece, l’instabilità dell’elettrodomestico ti conduce a stipulare forme di garanzia perenni, perché sai che prima o poi qualcosa si romperà.
Le garanzie in questione hanno tutte dei nomi tipo “Serena”, “For ever”, eccetera, ma in realtà la copertura massima è di 4 o 5 anni.
Solo riuscire a stipularle è un lavoro a sé, e poi le devi conservare in cassaforte, perché se le perdi, ti ricompri il frigorifero.
Bene, posso dire di avere utilizzato ognuna delle varie assicurazioni stipulate, perché tutto quello che abbiamo in casa si è scassato.
Il termostato del frigo QUATTRO VOLTE.
Il forno UNA VOLTA.
La lavatrice DUE VOLTE.
E potrei continuare.
Tutte le volte si rompe uno dei componenti elettronici e bisogna cambiarlo.
Ma vogliamo parlare dei computer?
Quello da cui scrivo è stato “rifatto” due volte, la prima in garanzia, la seconda no.
Quello di mio figlio si è rotto e l’abbiamo ricomprato, e i cellulari diventano obsoleti due ore dopo che li hai portati a casa (o ordinati su internet).
E adesso parlerò finalmente di un tema caro a tutte le mamme: la connessione internet.
Confesso di avere fatto un paio di grossi errori nella vita: ho cambiato due volte operatore telefonico, per cercare di risparmiare qualche euro.
In Italia, viene premiato il cliente infedele, e cioè colui che cambia operatore una volta ogni due mesi per risparmiare sulle tariffe.
Se resti con lo stesso operatore, ti bastona.
Ecco, grazie al mio tentativo – innocente – di risparmiare qualche euro, ho passato dei mesi al telefono con i servizi clienti dei vari operatori per cercare di capire perché non andava la rete.
Tutte le telefonate avvenivano di sera, in genere, mentre stavo cucinando qualche schifezza veloce, e avevo i panni da distendere, tirati fuori dalla lavatrice appena aggiustata.
E mentre io ero al telefono con l’operatore, mio figlio urlava dall’altra stanza: “Mamma, non va la Rete!”.
Qualcuno sa come si fa per tornare all’Età della Pietra?