Suicidi politicamente assisti (dagli elettori)

Impossibile smettere con la serie dei post “politici” (chiamiamoli così).

Lo ammetto. Provo la stessa curiosità malsana della folla sotto il patibolo che guarda con occhio ipnotico e adorante lo spettacolo dei partiti e dei politici in attesa di suicidio. Assistiti dai loro elettori, anzi ex-elettori, che li accompagnano alla ghigliottina tenendoli per mano, mentre loro pensano ancora di andare a una festa.

“Ehi ragazzi, è qui la festa?”, urlava qualche anno fa un giovane Giovanotti paninaro, ormai sotterrato da quello ultrachic di adesso.

“No, fratello, qui c’è la tagliola”, dovrebbe rispondere qualcuno, magari solo un amico, ai politici suicidi, prima che infilino la testa sotto la lama purificatrice.
M non c’è niente da fare, non lo vogliono capire.

Facciamo un esempio. Già vecchio. Vi ricordate Bertinotti? Ha sotterrato un partito, oltre che se stesso.

Nel 2008 era Presidente della Camera, nonché orgoglioso amico di Valeria Marini – perché no, ma c’era tutto ‘sto bisogno di raccontarlo in giro? – e utente TOP dei jet presidenziali, con i quali portava a spasso gli amici tra le feste parigine.

La sera del 15 aprile, dopo le elezioni, aveva convocato i giornalisti per la conferenza stampa all’Hard Rock Cafè di Via Veneto – da pronunciarsi HAVD VOK CAFÈ – perché gli sembrava fico che un uomo della sua cultura e statura politica incontrasse i giornalisti all’HAVD VOK CAFÈ, che, peraltro, è poco di più – in termini di figaggine – del McDonald’s di Piazza di Spagna.

Alla conferenza stampa non c’era naturalmente nessuno, se non qualche appassionato di funerali (in quel caso della Sinistra Arcobaleno, mai più risentita). Bertinotti si era presentato con un trenchettino della Burberry da almeno mille euro, che comunque con l’HAVD VOK CAFE’ c’entrava come i cavoli a merenda. Poi aveva promesso a tutti, belli e brutti, che sarebbe tornato a fare il militante.
Adesso, per fortuna, fa solo qualche comparsata in TV, di cui se ne farebbe volentieri a meno.

Ma Bertinotti è solo il primo dell’illustre serie dei suicidi eccellenti.
Con le ultime elezioni, la lista si è impennata.

Gianfranco Fini, che in meno di cinque anni ha fatto fuori un partito del 10%, cedendo all’abbraccio di Berlusconi. Ha capito troppo tardi che il bacio era col risucchio: mortale.
Pensionato-suicidato anche lui, insieme a Italo Bocchino, più noto per le recenti corna alla moglie, che non per le ampie vedute politiche.

Antonio Di Pietro, protagonista in questo caso di un caso di suicidio per aborto.
Si associa – insieme all’Italia dei Valori – al futuro aborto della Rivoluzione Civile di Ingroia, e periscono tutti quanti – una strage di Stato – feriti a morte dai seggi elettorali.

Oscar Giannino, plurilaureato, nonché concorrente dello Zecchino d’Oro, viene suicidato dal Mago Zurlì in persona, pochi giorni prima del voto.
Il mago più amato dai bambini italiani (di una certa età) dichiara: “No, mai sentito nominare il Signor Giannino”.
Berlusconi invece Giannino lo conosceva bene, quando era uno suoi più sinceri paggetti, prima di farsi venire la “voglia di un partito tutto mio”.

Francesco Rutelli: ha il colpo di genio di pre-suicidarsi prima delle elezioni, per evitare di finire nella lista dei trombati.

Mi fermo qui. Non insisto.
Vi prego solo di notare alcune ricorrenze. Sono tutti maschi. Di una certa età. Bolliti.

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