Mamma, mi compri una maglietta della Nike (per la foto di classe)?

Sabato scorso mio figlio mi ha chiesto con un candore commovente: “Mamma, mi compri una maglietta della Nike per la foto di classe?'”.

Il mio sguardo di risposta doveva essere così sconvolto che ha subito aggiunto: “Anche della Adidas, se quella della Nike costa troppo!”.

Gli sono praticamente svenuta tra le braccia.

Ho pensato: “Quanta fatica sprecata per fargli capire che le marche sono il diavolo, e i Prodotti Blu della Decathlon l’acqua santa!”.

Sì, perché ho sempre cercato di spiegare a Tommaso che quando si pagano 100 euro per un paio di scarpe della Nike, ne diamo dieci alle fabbriche  che le hanno prodotte in Cina, un altro po’ alla casa madre americana, e almeno 50 a chi segue il marketing della Nike, testimonial inclusi.

Abbiamo dedicato intere serate ai minuti di odio per la parola “marketing”, che significa farsi prendere per gonzi dai signori della pubblicità.

Molto meglio i prodotti blu della Decathlon, era quindi la mia tesi: costano meno e sono uguali a quelli di marca, ma senza il nome della marca scritta sopra.

Risultato: Tommaso non esce di casa se non indossa un paio di scarpe della Nike che gli ho comprato a 35 euro, un anno fa, in saldo, e che ormai sono sfiancate e puzzolenti, ma sempre meglio di quelle smarchiate da 15 euro (nuove) che giacciono nella scatola sotto l’armadio di camera sua.

Ma la maglietta della Nike no, quella no, ho urlato: “Vuoi spendere tutti quei soldi per una MAGLIETTA?”.

Mio fratello che passava di lì, ha rincarato la dose: “Perché non ti fai pagare anche tu per fargli pubblicità?”.

E poi ha aggiunto: “Fatti una maglietta con sopra scritto: SPAZIO IN VENDITA. Così almeno sarebbe più divertente!”.

Messo di fronte a un muro ideologico e invalicabile, Tommaso ha accettato la maglietta da 4,90 che sono comunque corsa a comprargli da HM, perché  volevo aiutarlo a sentirsi un po’ figo nella foto di classe.

Morale della favola: non se Tommaso da grande riuscirà mai a guadagnare abbastanza per fare in testimonial involontario delle grandi marche americane globalizzate, ma di sicuro gli piacerebbe farlo.

Il mio inutile berciare non serve a nulla. Tommaso è esattamente uguale ai suoi coetanei. Che sono tutti proni e pronti ad accettare qualsivoglia diktat pubblicitario.  Compreso cose del tipo: “Mettiti una stringa rossa e una blu”.

Il preadolescente gregario che dorme nella stanza di fianco alla mia vuole solo essere UGUALE a tutti gli altri.

Ma forse ero così anch’io.

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