Il linciaggio del martire – innocente – è al centro dei pensieri di Renè Girard, il più grande e geniale antropologo vivente.
La sua tesi è che il cristianesimo sia stato il viatico alla modernità.
Cristo – perché Girard è cattolico – è il primo martire di cui viene riconosciuta l’innocenza.
La “vittima” non è più colpevole, ma diventa SANTA, mentre la folla che partecipa al linciaggio, sfoga sul CAPRIO ESPIATORIO una rabbia intraspecifica priva di qualsiasi dignità.
Si può essere girardiani senza essere cattolici, e si può essere dei martiri senza diventare santi.
Forse sto un po’ esagerando, ma Edward Snowden che sta scappando per non marcire in galera come Bradley Manning, è probabilmente un martire laico.
Quando Snowden ha parlato al Guardian, mi sono chiesta – come molti italiani – se non ci fosse qualche bizzarro complotto dietro le sue dichiarazioni.
Noi siamo i teorici della dietrologia: chi grida per difendere la nostra libertà , forse è pagato da qualcuno che trama contro di noi.
Ma direi che ormai non ci sono dubbi: Snowden è un martire sincero, con qualche clamorosa escrescenza egoica, come lo stesso Assange, che gli dà la forza per resistere alle persecuzioni.
Il martirio si basa infatti su un bizzarro paradosso: la disponibilità a rinunciare a tutto – compreso te stesso – per difendere opinioni in genere poco diffuse, e un IO gigantesco in grado di reggere simili proponimenti, un IO che per esistere deve per l’appunto basarsi su un solido costrutto egocentrico.
Se ci pensate bene, questi strani personaggi – da Assange a Snowden – sembrano incomprensibili e poco simpatici.
Sono delle vittime, e le vittime, nonostante Girard, hanno sempre qualcosa di genericamente poco simpatico.
Ma senza di loro, senza quelli che hanno la stoffa degli eroi – del web e della libertà – saremmo tutti nei gulag per famiglie della Corea del Nord. Perché i coreani del Nord mettono nel gulag tutta la famiglia del dissidente, mica solo lui.
E in Cina ti fai ancora qualche anno di laogai (gulag in cinese) se provi anche solo a nominare il Tibet. Nel Qinghai hanno appena dato a sei anni a un cantante tibetano che in un disco aveva inneggiato all’indipendenza del Tibet.
Senza martiri, saremmo tutti al buio. Quello delle galere.
Ottimo intervento!