Amato figlio mio (che sei un marziano)

Tommaso è chiuso nella sua stanza insieme a un compagno di classe, e ha appeso alla sua porta una di quelle targhette degli alberghi che dicono: “Non disturbare”.

Non posso entrare, ma li sento.

Stanno facendo un videogioco sul computer. Si sono collegati su Skype a un terzo ragazzino che gioca con loro e commenta le varie mosse dalla finestrella di Skype che i due tengono aperta in basso, su un lato dello schermo.

Per accompagnare la serata di sciambola (giocare in tre allo stesso videogioco), si sono fatti i pop corn al microonde, e poi Tommaso ha scovato in cucina due contenitori di plastica che assomigliano ai bicchieroni del cinema, dove ha versato i pop corn.

Io ho cucinato delle schifezze semisane, e gli ho fatto un litro di frullato, che hanno bevuto più o meno volentieri.

Non posso dire che sono contenta di saperli chiusi in camera a giocare in tre (di cui uno su Skype)  a un videogioco.

Ma non posso neanche sperare che passino la serata impegnati in una sfida a scacchi all’ultimo sangue (e quello su skype cosa farebbe?).

Naturalmente ho insegnato a Tommaso come si gioca a scacchi, ed è stato anche costretto a seguire un corso organizzato dall’Accademia degli scacchi.

Secondo me gli sarà utile imparare a ragionare come uno scacchista, ma a Tommaso degli scacchi, in realtà, non gliene sbatte una beata mazza.

Ai nostri figli MASCHI piacciono SOLO  i videogiochi e, se giocano a carte, usano SOLO quelle di Yu-Gi-Oh!, che costano un botto ma li costringono a imparare a fare i calcoli a mente (per sommare la “potenza” delle varie carte).

Insomma, i nostri figli sono dei MARZIANI rispetto a noi che disponevamo di due soli supporti ludici: la palla e le carte (anche quelle romagnole…).

L’unico gioco tecnologico in circolazione era l’Allegro Chirurgo: si illuminava l’organo che rimuovevi con la pinzetta. Punto.

Posso confessare che non ho dei bei ricordi dei pomeriggi passati all’oratorio a giocare a palla prigioniera con le suore?

Posso dire che odiavo giocare a carte fino allo sfinimento, perché c’era sempre qualche ragazzino che invece ADORAVA la Scala Quaranta o il Tresette col Morto e voleva sempre la rivincita?

Posso URLARE che le nostre infanzie sono state noiose come la morte, perché eravamo già inurbati, chiusi in casa, senza giardini, senza cortili, e avevamo come unico passatempo le carte romagnole?

Posso GRIDARE  che giocare a briscola per tutta l’estate (con i tuoi fratelli) era di una NOIA FUNESTA E MORTALE?!

E poi, io avevo per lo meno dei fratelli (mi ricordo una volta che per cambiare gioco li feci inginocchiare in sala e li costrinsi a recitare delle Ave Marie), mentre quella di adesso è una generazione di figli unici.

Le donne che lavorano ci pensano tre volte prima di fare il secondo pargolone e i nostri figli sono spesso da soli.

Il computer gli fa compagnia e vedono gli amici su Skype.

Triste, tristissimo, ma non me la sento di dire che questi poveri ragazzi sono peggio di noi.

Certo, quando noi eravamo annoiati, prendevamo un libro e leggevamo.

Loro, no, non si annoiano mai, e non leggono mai.

I videogiochi sono stati pensati per creare dei meccanismi di dipendenza e ogni volta che decido di far spegnere il computer a Tommaso, mi devo impegnare in lotte discretamente faticose.

Ma non me la sento di spegnere TUTTO e mettergli in mano un mazzo di carte romagnole (le odio ancora!) e sfidarlo a Scopone.

Oggi i ragazzi, quando si vedono, giocano insieme con dei GIOCHI ELETTRONICI.

Non si può tornare indietro, anche se mi chiedo cosa ci sia nel futuro dei nostri figli marziani.

Passività intellettuale e  dipendenza dal mondo digitale?

Oppure diventeranno una generazione di smanettoni – poco colti – capaci di interagire col nuovo mondo produttivo, che sarà necessariamente tutto digitalizzato?

Non lo so, forse leggere Joyce serviva per davvero a qualcosa.

Ma è inutile piangere sul latte versato.

5 thoughts on “Amato figlio mio (che sei un marziano)

  1. paola ha detto:

    D’altra parte, in una città hai alternative ai videogiochi , ora, e alle carte, scacchi e libri , un tempo? Dove sto io, ci sono….Infatti non so giocare a carte, non ho mai letto libri e non ho la più pallida idea neanche di quale sia lo scopo del gioco degli scacchi….

  2. Be’, ai nostri tempi c’era il mitico Commodore 64 🙂
    Però la mia passione è sempre stata il Monopoli!

    • Viola Veloce ha detto:

      Anche io adoravo il Monopoli, ma i miei non ce lo comprarono mai.
      Scendevamo dai vicini per giocare.
      La mamma dei vicini si chiamava “Signora Adele”.
      E ci dava la merenda.
      Erano i pomeriggi migliori.
      Ma molto rari…

  3. Viola Veloce ha detto:

    Non hai mai letto libri? Signora P., lei mente sapendo di mentire.
    Però è vero, le città sono la fogna del mondo.

  4. Nicola Losito ha detto:

    Io sono di una generazione prima della tua (due indietro rispetto a Tommaso) e ho bei ricordi sui giochi della mia infanzia: non c’erano solo le carte da briscola o scala quaranta, c’erano gli schettini, il bigliardino, la bici, i tappi delle bibite, le biglie di terracotta (i ricchi avevano quelle di vetro striate a colori)… insomma avevamo di che divertirci e di passare senza annoiarci interi pomeriggi…
    Nicola

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