C’è qualcosa di terribilmente vergognoso nello scrivere un libro autobiografico.
Ti chiedi come sia possibile raccontare agli altri la montagna di vergognosi sentimenti provati durante una vita normale.
Le autobiografie degli ottimisti senza introspezione non interessano a nessuno.
Chi mai vorrebbe ascoltare il racconto di una vita semplice, bella, piatta, dove basta lasciarsi scivolare giù lunghe le piste di un’esistenza scontata e normale?
L’autobiografia diventa interessante solo quando è sincera. E l’autore racconta qualcuno dei suoi imbarazzanti segreti.
Sì, mi vergogno di avere scritto un libro in cui racconto le mie orribili notti in bianco, quando avevo paura di non resistere al pianto di mio figlio.
Una mamma stanca è pericolosa. Il pianto di un bambino è pericoloso.
Persino il più grande antropologo italiano, Ernesto De Martino, raccontava che in Italia esisteva l’usanza, durante il puerperio (40 giorni), di non lasciare mai sola la neomamma.
Le sue sorelle, le sorelle del marito, la mamma, la suocera, stavano con lei per 40 giorni, dalla mattina alla sera.
Per 40 giorni la sollevavano da tutte le fatiche domestiche.
La neomamma non doveva cucinare, pulire la casa, lavare le lenzuola, insomma non doveva fare nulla fino a quando non avesse preso un po’ di confidenza con il nuovo bambino.
De Martino racconta che in alcune zone dell’Italia venivano addirittura sigillate tutte le finestre della casa perché una mamma non cedesse alla tentazione di sbarazzarsi di un bambino che la teneva sveglia con i suoi pianti.
Ma la SANA tradizione del puerperio è stata persa.
Oggi, nelle grandi città dove le famiglie non esistono più, una neomamma rimane a casa da sola con il suo bambino.
Non c’è più una rete di supporto che le dia una mano nei 40 giorni più difficili – ma anche più belli – nella vita di una donna.
Ecco, nel mio libretto racconto di quando sono rimasta da sola anch’io – con un bambino appena nato – e ho avuto paura.
Paura di non capire perché piangeva, paura di non riuscire a farlo smettere.
Ma ce l’ho fatta e sono sopravvissuta.
Adesso Tommaso è diventato grande e mi tira scema.
Ma non ho più paura di buttarlo dalla finestra. Anche perché pesa 60 chili e si saprebbe difendere.
E si sa difendere perché sono stata una madre decente, e l’ho “contenuto”, come dice Winnicot.
L’ho tenuto con me nelle notte terribili in cui non dormiva.
Lo abbracciavo per tutta la notte, fino a quando non si addormentava.
Al contrario di quel metodo barbaro che si chiama “Control Crying” e prevede di far piangere il bambino fino a quando la smette.
Per sempre.
Marcello Bernardi la definiva “risposta autistica”.
Il bambino non piange più perché ha perso la speranza che una mamma possa consolarlo.
Io ho sempre consolato mio figlio e sono riuscita a non buttarlo dalla finestra.
Se volete leggere le confessioni di una mamma che ha resistito al caos e il bailamme portato da un bebè nella sua vita, potete farlo GRATIS fino a domenica sera.
Attenzione: lettura sconsigliata ai maschi Alfa.
Ecco il link al libro: Mamme bailamme.
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A me hanno consegnato un figlio con sondino per l’alimentazione in gola perché no passava nel naso, che dovevo far dormire seduto per non fargli andare la lingua in soffocamento. Per 2 settimane ho dormito con il mio dito nella sua bocca per tenergli la lingua fuori , fin quando ho scoperto su internet dove portarlo ad operare. Non leggo i racconti di mamme che hanno avuto problemi normali. Mi irrita la loro agitazione per quelli che sono problemi banali rispetto alle cose serie.
Cara Paola, devo confessarti che io leggo quasi solo libri sul nazismo e i campi di concentramento.
Ho molto rispetto per il dolore, e non credo che vi sia stato nella storia dolore più grande di quello provocato dalle deportazioni.
Nella Shoah sono morti un MILIONE di bambini. E qualche milione di MAMME.
Non riesco a distogliere gli occhi da quell’orrore, e molte delle mie letture sono tuttora orientate a capire come sia stato possibile uccidere i bambini e le donne.
Molte risposte le ho trovate in un vecchio libro di Alice Miller: “La persecuzione del bambino. Le radici delle violenza”, che consiglio di leggere a tutte le mamme.
La Miller racconta di come un’educazione nefasta e severa abbia prodotto uomini capaci di uccidere i bambini.
Non ho letto, invece, come te, nessuno dei libri che vanno di moda adesso sulle mamme cool che scherzano e ridono sui loro bambini che le seguono ancora (in passeggino) negli aperitivi con le amiche.
Però non credo neanche che si possa consacrare una vita al dolore. Perché altrimenti non si vive più.
E tu vivi. Lo fai per il tuo bambino col sondino.
Le mamme sanno che con i loro bambini devono essere allegre.
Anche quando i loro figli stanno male.
Insomma, si può essere sincere senza essere querule, si può dire la verità, senza parlare di shopping.
E si può essere (un po’) felici anche in un campo di concentramento.
Lo spiega Imre Kertèsz in “Essere senza destino”.
Che ha preso il Nobel per il libro più bello del mondo.
Leggerò il tuo nuovo libro.
Nicola