#1 Autointervista sul salto della quaglia: da Amazon alla Mondadori

Scrivere non è la cosa più importante del mondo e mi piace poco chi parla di sé e della propria scrittura.

Ma io purtroppo sono grafomane e anche un po’ timida.

Se devo dire qualcosa a qualcuno, preferisco mandargli un’email o un messaggio che non invece chiamarlo al telefono.

Scrivere mi tranquillizza anche perché mi permette di fare tutto da sola, senza dover tirare dentro qualcun’altro.

Bene, detto questo, farò una delle mie solite premesse prima di arrivare all’autointervista.

Quando, un mese fa, sono andata alla sede della Mondadori di Segrate per parlare del libro che uscirà con loro il 3 giugno, “Omicidi in pausa pranzo“, ho incontrato una vecchia amica che non vedevo da molti anni, Emanuela Canali.

Avevo conosciuta Emanuela quando lei era incinta, un venerdì sera di un bel po’ di tempo fa.

Aveva un premaman piuttosto elegante e rideva.

Non mi ricordo più di cosa ridesse, ma sono sicura che stesse ridendo.

Quando ci siamo riviste, ci siamo riconosciute subito e abbiamo cominciato a chiacchierare.

Anzi a ridacchiare, perché la nostra comunicazione è sempre stata impostata su una risata continua e di sottofondo, non priva di un discreto auto-cinismo che potrebbe sembrare strano a chi ci ascolta.

Né io né lei siamo troppo gentili con noi stesse, ma l’auto-crudeltà ha mantenuto i nostri canali auditivi liberi e intatti.

Ho la convinzione che chi si piace troppo, ascolta in genere solo se stesso e mai gli altri.

Diffido di chi parla troppo di sé, anche solo per lagnarsi delle proprie sciagure.

In lui – o lei – si nasconde sempre un egocentrico pronto ad assordarti senza il minimo rispetto per i casi tuoi.

Emanuela invece ascolta – eccome! – e quella sera mi ha accompagnato a casa in macchina, mentre pioveva come piove a Milano.

Le ho raccontato tutta la storia del mio passaggio da Amazon alla Mondadori.

Le ho raccontato che prima di diventare Viola Veloce ero stata una certa Nora O’Dublin, di cui esiste ancora una traccia su Facebook.

Le ho parlato di come l’avventura nel selfpublshing del mio precedente personaggio, la Nora di cui sopra, era andata male, mentre invece come Viola Veloce avevo avuto più successo.

Lei allora mi ha detto: “E se ti facessi un’intervista?“.

“Sì”, le ho risposto, “Mi sembra una buona idea“.

Ci siamo scritte un paio di volte e l’intervista ha cominciato a prendere forma.

Ma io sono solipsistica e grafomane.

Le mie risposte erano più lunghe di quanto avessi previsto. E andavo spesso fuori tema.

I miei testi, poi, erano, come sempre, pieni di parolacce.

Ho pensato: non posso tirare dentro Emanuela.

Non posso costringerla a tollerare il turpiloquio e le mie battutacce a sfondo coprofilico.

L’unica soluzione per uscirne vive era una sola.

Mi sarei autointervistata.

Con domande e risposte scritte da me.

Si parte subito….

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