Ho scritto un libro in cui il movente dell’assassino – un serial killer aziendale che uccide gli impiegati – è l‘articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Si tratta di un movente volutamente surreale ma anche molto realistico, visto che Matteo Renzi oggi ha cercato di cancellare l’Articolo 18, minacciando addirittura il decreto legge se il PD non avesse accettato la sua proposta.
Alla fine è stata raggiunta una mediazione – interna al PD – per la quale i nuovi contratti a tempo indeterminato potranno consentire al datore di lavoro di licenziare il lavoratore (senza la cosiddetta giusta causa) nei primi tre anni di un contratto a tempo indeterminato.
Mentre sto scrivendo queste righe, si sta ancora discutendo della possibilità di demansionare un lavoratore (oggi proibito), ovvero di cambiargli lavoro e conseguentemente anche la busta paga.
Un ingegnere polemico e riottoso – in genere gli “innovatori” non hanno un bel carattere – potrebbe diventare il magazziniere dell’azienda per cui lavora, e poi magari vincere un Nobel un paio di anni dopo, se aveva solo litigato col suo capo.
Mi sembra corretto – a questo punto – dire cosa ne penso io dell’Articolo 18, visto che era proprio quell’articolo dello Statuto dei Lavoratori armava la mano dell’assassino in “Omicidi in Pausa Pranzo”.
La mia opinione è la seguente: se non si mette mano al sistema di previdenza così da proteggere (per davvero) i lavoratori licenziati, abolire l’Articolo 18 sarebbe crudele e sbagliato.
Crudele perché l’unica forma di assistenza alle famiglie in difficoltà oggi sono le mense e i pacchi alimentari della Caritas (e delle altre associazioni), e l’indennità di disoccupazione prevista dall’INPS copre solo 18 mesi (per gli ultra 55enni) dalla fine del rapporto di lavoro.
Nei paesi europei dove il mercato del lavoro è stato liberalizzato, non vieni buttato in mezzo a una strada se l’azienda ti licenzia, ma vieni assistito economicamente e quindi ricollocato, dopo aver seguito dei corsi finanziati dallo stato.
Ma tutto questo COSTA – non alle imprese ma allo Stato – e in Italia non ci sono i soldi per farlo, visto che le tasse sono riscosse da mafia, camorra, eccetera, in una porzione geografica molto ampia del nostro paese.
Non esiste quindi un gettito fiscale adeguato per impedire ai lavoratori licenziati di finire in coda alle mense della Caritas, e i lavoratori in questione finirebbero sul lastrico, come si diceva – figurativamente – una volta.
Non avrebbero infatti più i soldi per pagare il mutuo della casa che hanno acquistato, né potrebbero mantenere i figli che magari vanno all’Università.
Perché solamente chi poteva contare su uno stipendio CERTO, magari anche modesto, ha comprato una casa e ha avuto dei figli.
Il bassissimo tasso di natalità italiana si spiega infatti non solo con l’assenza di servizi in supporto alle famiglie e alle donne che lavorano, ma anche con il fatto che nessuno può permettersi di aprire un mutuo o fare un figlio se non sa di poter contare su introiti STABILI E SICURI (non ho detto alti, ma sicuri).
La generazione di PRECARI che sta crescendo oggi in Italia è una generazione tristemente STERILE, fatta da uomini e donne che spesso non prendono neanche in considerazione l’ipotesi di costruire una famiglia – espressione lessicale vecchia ma efficace – perché mancano i mattoni reddituali necessari per fare PROGETTI.
Io, che sono un’impiegata protetta dall’Articolo 18, so perfettamente di essere più fortunata di un precario, ma se non avessi avuto un lavoro, non avrei neanche avuto un figlio.
Avrei preferito viaggiare LEGGERA, per affrontare meglio gli eventuali guai che ti riserva una vita senza un lavoro stabile.
Sarebbe quindi CRUDELE se venissi licenziata senza nessuna rete di sostegno previdenziale, e con un mutuo che non posso pagare e un figlio che non posso mantenere.
Questo per quanto riguarda il primo motivo per il quale sono contraria all’abolizione tout court dell’Articolo 18.
Il secondo motivo è di tipo invece economico: oggi spostare redditi dai lavoratori agli imprenditori sarebbe una sciagurata manovra deflazionistica.
Perché gli imprenditori italiani si limiterebbero a sostituire i lavoratori a tempo indeterminato con lavoratori precari pagati di meno, con la conseguenza di un ulteriore frenata sui consumi.
Non vi sono dubbi infatti che in Italia vi sia anche una crisi della domanda interna dovuta al processo di deindustrializzazione conseguente alla globalizzazione dei processi produttivi, che si spostano dove la manodopera costa di meno.
Ma non possiamo pensare di attrarre capitali stranieri abbassando i costi della manodopera e lasciando tutto il resto invariato.
Chi è così pazzo da investire in un paese dove una causa civile dura 10 anni e dove non vi è un sistema di tassazione certo?
E siamo sicuri che la razza padrona italiana investirebbe in ricerca e nuovi stabilimenti produttivi i maggiori profitti derivanti da un mercato dl lavoro più flessibile?
Io credo di no.
Gli imprenditori italiani (nel loro complesso, non parlo delle eccellenze che abbiamo ancora in settori anche molto avanzati) presentano tassi di investimento inferiori dei punti di profitto guadagnati, rispetto agli altri imprenditori europei.
Se un imprenditore tedesco guadagna di più, investe di più nella sua impresa. Se lo fa un italiano, acquista invece più prodotti finanziari (o quadri da portare in Svizzera).
Consiglio sempre un libro di Marco Revelli, “Poveri, noi“, dove spiega questo fenomeno e sostiene che in Italia il paradigma liberista secondo il quale un maggiore afflusso di denaro nelle tasche degli imprenditori porti a un maggiore tasso di investimenti sia assolutamente FALSO.
Un favore alla Confindustria come quello che Renzi ha cercato di fare sarebbe quindi stato non solo CRUDELE, ma anche INUTILE, perché avrebbe solo ulteriormente abbassato i consumi, senza portare a maggiori investimenti.
Ma non solo, se il PD non fosse riuscito a stemperare i furori pro-confindustriali di Renzi, avrebbe perso un PEZZO ENORME della sua base elettorale, fatta di impiegati, insegnanti, operai, eccetera, che avrebbero smesso di votare PD un’ora dopo l’abolizione dell’Articolo 18.
Mi chiedo quindi se Renzi sappia fino in fondo quello che sta facendo e se abbia calcolato tutti i rischi di una mossa così azzardata come quella che ha cercato di fare.
Renzi è stato bollato persino da Stefano Fassina, ex-viceministro dell’Econimomia del PD, come uomo di destra.
Fassina ha addirittura twittato: “Renzi come Monti e la destra utilizza il termine apartheid x scaricare su padri sfigati il dramma del lavoro di figli ancora più sfigati”.
Il che significa che nel PD hanno paura di Renzi.
Paura che spacchi il partito, che lo porti a una rovina elettorale.
E stanno cercando di fermarlo.
Ma io credo che Renzi sia troppo sicuro delle proprie doti di affascinatore collettivo per avere paura di una caduta dei consensi.
Sta giocando pesante, perché pensa di riuscire a mantenere il suo 41%, o di scendere magari solo di pochi punti.
Ma io credo che se oggi il PD non l’avesse fermato, Renzi avrebbe ESTINTO il partito nel quale è stato eletto.
Lo avrebbe demolito, perchè i suoi elettori non sono così pazzi da suicidarsi votando la loro condanna alle mense della Caritas.
E chi ci avrebbe guadagnato da una tale e stupida mossa come l’abolizione tout court dell’Articolo 18?
Berlusconi. Sì, proprio lui.
Berlusconi sta appoggiando Renzi, lo sta vezzeggiando, coccolando, e lo sta stritolando, come ha fatto con tutti i suoi alleati e avversari politici.
Berlusconi ha annientato Alleanza Nazionale – prima della fusione aveva il 10%, e oggi Fini è scomparso – ma Berlusconi ha massacrato anche la Lega, abbacinando Bossi con le cene romane alle quali veniva invitato anche il Trota, ai tempi trattato come il Delfino ufficiale di cotanto e furbissimo padre.
Berlusconi è sopravvissuto più di vent’anni, mettendosi da parte ogni volta che qualche politico/tecnico ingenuo si mettevano a fare politiche “di destra” o di semplice rigore, politiche che rimettevano temporaneamente i conti a posto, ma alla lunga avevano solo effetti puramente deflazionistici (pensiamo allo stesso Monti).
E poi risaltava fuori quando il suo ex-avversario trasformato in alleato si rovinava da solo, con le sue mani.
Ecco, io penso che Renzi possa essere la prossima vittima di Berlusconi, la più succulenta di tutte, perchè Renzi provocherebbe la fine del PD.
Insomma, credo che quella di tentare di abolire l’Articolo 18 sia stata una cattiva mossa, pericolosa, e che il PD stia rischiando grosso.
Ma penso anche che il PD è stato capace di opporre a Renzi solo Cuperlo, che sarebbe perfetto per fare il presidente del Rotary Club italiano, ma non di un partito che si dice di sinistra.
Insomma, il PD è a corto di leader ed è a corto di idee.
E nonostante il 41% alle Europee, rischia di fare una brutta fine.
P.S.
Inutile dire che non ho votato PD.
E che non cancellerò questo post, così mi si potrà rinfacciare di aver scritto delle vaccate, se mi sono sbagliata.
Ricordo anche a tutti che anche Einaudi (e non solo Mondadori) è di proprietà della famiglia Berlusconi, e quindi nessuno si stupisca di quello che scrivo, solo perché pubblico con Mondadori.
Gli autori Einaudi sanno chi è il loro parùn, lo sanno benissimo, ma non glielo rinfaccia nessuno…
Hai fatto un’analisi molto lucida, tristissima e purtroppo vera 😦